Alberto Scotti
Alberto Scotti o Scoto (Piacenza, 1252 – Crema, 1318) è stato un nobile, banchiere e politico italiano, signore di Piacenza a più riprese tra il 1290 e il 1313, per un breve periodo tra il 1302 e il 1304 fu anche signore di Milano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Discendente della nobile famiglia Scotti, Alberto era figlio di Giovanni Scotti, a sua volta figlio di Lanfranco, e di Mabilia[1].
Nel 1290 divenne Signore di Piacenza, sfruttando il favore popolare e il risentimento contro i magnati della città[2]. Conquistato il potere, l'anno seguente, nel 1291, fece bandire il suocero, Alberto Fontana, dalla città. Successivamente, espanse i propri possessi fino a Borgonovo e, in seguito, Tortona[1].
Da signore della città di Piacenza cercò di colpire le famiglie rivali degli Scotti, in special modo la famiglia Landi, contro cui inviò dei soldati ad assediare il castello di Zavattarello, allora tenuto da Ubertino Landi. In seguito Zavattarello entrò a far parte dei possedimenti della famiglia Scotti[3].
Nel 1290 fondò la città di Castel San Giovanni[2] iniziando la costruzione di un nuovo castello circondato da mura presso la pieve di Olubra[4], mentre nel 1292 fece edificare a Castell'Arquato il palazzo del Duca, che venne utilizzato come palazzo di giustizia.
Nel 1299 acquistò dal comune di Piacenza il possesso di Fombio e Valverde, ampliando così le sue fortune personali[2].
In perenne lotta con i Visconti, nell'aprile del 1302 diventò capo di una lega antiviscontea insieme alle città di Cremona, Pavia, Novara, Vercelli, Lodi, Crema e al Monferrato a causa dell'ingratitudine a lui mostrata da Matteo Visconti[5]. Il 2 giugno successivo, a Lodi, prese il comando degli eserciti di queste città marciando verso Cassano. Sconfitti i Visconti, il 13 giugno fu a Milano a discutere la pace di Pioltello. Diventato presidente del consiglio generale, affidò la guida della città per sei mesi al figlio, in qualità di rettore[5]. In rotta con la famiglia Della Torre, si riavvicinò poi a Matteo Visconti con cui ebbe un incontro a Piacenza nel 1303. Tra il maggio e il dicembre del 1304 fu impegnato in una guerra con i Della Torre i quali riuscirono a sconfiggerlo assumendo la guida della lega guelfa di Lombardia[5] e favorendo indirettamente il ritorno dei Visconti.
Passato così alla fazione ghibellina, nel 1304 venne cacciato da Piacenza subendo la distruzione di tutti i possedimenti detenuti nella città. Nel 1309 recuperò il potere per poi perderlo l'anno successivo e riconquistarlo ancora nel 1312[2].
Definitivamente cacciato dalla città nel 1313 a seguito della sconfitta patita da Galeazzo Visconti fu prima prigioniero a Milano e poi in fuga.
Nel 1317 venne catturato a Castell'Arquato e confinato a Crema dove trovò la morte l'anno successivo[2].
Discendenza
[modifica | modifica wikitesto]Lasciò sette figli avuti dalla prima moglie, Giovanna, Franceschina, Mabilina, Pietro, Giacomo, Nicolò (capostipiti rispettivamente dei rami di Vicomarino, Castel San Giovanni e Fombio della famiglia Scotti) e Francesco I, il quale riaffermò nel 1335 il potere della sua famiglia su Piacenza, ma dovette cederlo l'anno successivo ad Azzone Visconti, signore di Milano. Dalla seconda moglie Sibillina Rozzoni, invece non ebbe nessun figlio[2].
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Pier Andrea Corna, Castelli e rocche del piacentino, U.T.P., 1931.
- Lorenzo Molossi, Vocabolario topografico dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, Parma, Tipografia Ducale, 1832-1834.
- Pierre Racine, Una grande figura di signore italiano: Alberto Scotto (1252? – 1318), in Bollettino Storico piacentino, n. 76, 1981.
- Carlo Pietro Zanardi Landi, Sarmato, storia e leggenda, Piacenza, TEP edizioni d'arte, 2000.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Scòtti, Alberto I Magno, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Scòtti, Albèrto I Magno, su sapere.it, De Agostini.
- Riccardo Rao, SCOTTI, Alberto, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 91, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2018.