Campo di Fossoli

Campo di Fossoli
campo di concentramento
Pianta del campo
StatoBandiera dell'Italia Italia
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegioneEmilia-Romagna
CittàFossoli
Coordinate44°49′42″N 10°54′10″E
Costruzione1942
Liquidazione1944
Attività1943-1944
Uso precedenteCampo di prigionia (1942-1943)
Tipo prigioniero
  • Ebrei (1943-1944)
  • Antifascisti (1944)
  • Deportati civili (1944)
Proprietario attualeFondazione Fossoli
Visitabilesi
Sito webwww.fondazionefossoli.org/it/index.php
Mappa di localizzazione: Italia
Campo di Fossoli

Il campo di Fossoli fu un grande campo di concentramento e di transito, allestito nella frazione Fossoli, a circa 5 km da Carpi, in provincia di Modena.

Il campo venne creato come campo di prigionia per i prigionieri di guerra alleati nel 1942.[1] Dopo l'inizio della deportazione degli ebrei italiani, dal 5 dicembre 1943 il campo, conosciuto da allora anche come Fossoli di Carpi,[1] fu utilizzato prima dalla Repubblica Sociale Italiana e poi dalle SS come campo di concentramento e transito (in tedesco: Polizei- und Durchgangslager), divenendo il principale punto di transito per la deportazione in Germania di ebrei e oppositori politici,[2] che vengono qui trasferiti dai campi e dalle carceri del nord Italia.

Dopo la guerra il campo ebbe vari usi. Nei mesi immediatamente successivi alla guerra una parte del campo venne sfruttato per internare gli appartenenti al regime fascista arrestati,[3] mentre un'altra venne usata per ospitare profughi stranieri. Dal 1947 al 1954 poi vi trovò sede l'Opera Piccoli Apostoli di Don Zeno Saltini. Infine, dal 1954 al 1970 il campo venne trasformato nel Villaggio San Marco, che ospitava i profughi giuliano-dalmati.

Seconda guerra mondiale

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Campo attendato per prigionieri inglesi del 9 settembre 1943.

Campo per prigionieri di guerra (PG 73)

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Il campo di Fossoli venne costruito nel 1942 dal Regio esercito italiano come campo di prigionia per raccogliere i soldati britannici, sudafricani, neozelandesi catturati nelle operazioni di guerra in Africa settentrionale.[1]

Dopo l'8 settembre 1943 e l'occupazione tedesca dell'Italia, i militari germanici svuotarono il campo inviando i prigionieri in Germania.[1]

Campo di concentramento per ebrei della Repubblica Sociale Italiana

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Le deportazioni degli ebrei italiani iniziarono per autonoma iniziativa tedesca, con i rastrellamenti del 16 settembre a Merano, del 9 ottobre a Trieste, e del 16 ottobre a Roma.[1][2] Fu solo nel novembre 1943 che anche le autorità fasciste italiane iniziarono a ricoprire un ruolo attivo. Il 14 novembre 1943 la Repubblica Sociale Italiana approvò il Manifesto di Verona, in cui il settimo dei 18 punti programmatici classificava « [...] gli appartenenti alla razza ebraica in generale come stranieri e, durante la guerra, nemici».[4] Vi fece seguito l'Ordine di Polizia n. 5, che ordinava a tutte le questure di arrestare gli ebrei e prevedeva la costituzione di campi provinciali di raccolta in ogni provincia.[1]

Il 5 dicembre 1943 il vecchio campo di prigionia venne perciò rimesso in funzione, questa volta come campo provinciale di raccolta degli ebrei. A fine dicembre 1943 le autorità fasciste decisero di trasferirvi ebrei provenienti anche dagli altri campi provinciali: fu così che in questo periodo vi arrivarono i primi 97 ebrei deportati. Il 2 gennaio 1944 erano già divenuti 185.[1]

Campo per ebrei e politici

A causa del rapido aumento dei detenuti, e della volontà di usare il campo anche per i deportati politici, venne deciso di costruire un "campo nuovo" da affiancare al vecchio ex campo di prigionia. Fino al suo completamento in ogni caso, il "campo vecchio" venne utilizzato sia per gli ebrei che per i deportati politici, divisi in due sezioni differenti, separate dal filo spinato. La sezione per i deportati razziali era costituita da 16 baracche in legno e aveva una capienza di 256 internati. Quella per i deportati politici invece era composta da 14 baracche in mattoni, che potevano contenere un massimo di 320 detenuti. L'intero campo era circondato da due reti di filo spinato.[1]

Interno baracca

I primi due comandanti del campo furono i capitanti di polizia Domenico Avitabile e Mario Taglialatela.[1] In questa prima fase l'organizzazione interna è affidata agli stessi prigionieri, tra i quali vengono scelti il "capo campo" e i vari "capo baracca", che si occupano del vitto e delle attività culturali. I carabinieri, la milizia e gli uomini della PS, il cui comandante era il vice commissario Domenico Avitabile, non maltrattavano i detenuti.[5] Alle famiglie era permesso di vivere assieme.[1] "Nonostante la fame, la promiscuità, i parassiti e l'incertezza della sorte futura",[6] le condizioni di vita, almeno fino al trasferimento di Avitabile, rimangono sopportabili. Ne parlano, per esempio, Nedo Fiano ("Non voglio esaltare il campo di Fossoli… [ma rispetto alle] Murate di Firenze ebbe un vissuto estremamente favorevole") e il medico Luciana Nissim Momigliano ("Non ricordo particolari malinconie o preoccupazioni…non c'erano sacrifici particolari… non era un lavoro coatto").[5] Dal gennaio del 1944, oltre agli ebrei, cominciano ad essere internati anche gli oppositori politici.[senza fonte] Gli ebrei erano contrassegnati da un triangolo giallo, mentre i politici da uno rosso.[1]

Il 26 gennaio 1944 iniziarono i trasporti di deportati per la Germania, con un treno carico di 83 ebrei anglo-libici diretto a Bergen-Belsen. Il primo treno in in direzione Auschwitz-Birkenau partì il 22 febbraio, arrivando a destinazione quattro giorni più tardi. Tra i 650 deportati vi era anche Primo Levi, che rievocherà la sua breve esperienza a Fossoli nelle prime pagine del famoso libro Se questo è un uomo e nella poesia Tramonto a Fossoli.[5][1]

Campo di polizia e transito delle SS

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La rete dai campi di concentramento e transito nazisti

A metà marzo 1944 le SS, già presenti da inizio febbraio 1944[senza fonte], assunsero la direzione del "Campo nuovo" (l'area a sud-est che si affaccia su via Remesina), ormai completato. La questura di Modena (RSI) rimase a dirigere il "Campo vecchio" (l'area a nord che si affaccia su via Grilli), mantenendone il controllo sino alla chiusura del campo nell'agosto 1944.[1] In seguito il campo vecchio venne utilizzato per internati civili, rimanendo attivo fino all'inverno del 1944.

Il campo di Fossoli divenne perciò a questo punto "Polizei- und Durchgangslager" ("campo di polizia e transito"), inserito nel sistema concentrazionario nazista quale principale campo deputato alla deportazione dall'Italia verso i lager del Reich di prigionieri politici e razziali, che vengono qui trasferiti dai campi e dalle carceri del nord Italia.

Nei paesi occupati dell'Europa occidentale (Francia, Belgio, Olanda e dopo l'8 settembre 1943 anche l'Italia) la decisione delle autorità naziste fu di non creare ghetti o campi di sterminio e di evitare il più possibile la visibilità degli atti di violenza antiebraica.[7] L'antisemitismo era minore rispetto ad altri paesi europei, e si temeva di irritare l'opinione pubblica, già in larga parte ostile. Si istituirono così appositi campi di internamento o di transito lontani dai grandi centri, dove raccogliere la popolazione ebraica prima di trasferirla nei campi di concentramento o sterminio.[8] Al campo di Fossoli in Italia fu assegnata la stessa funzione svolta in Francia dal campo di internamento di Drancy, in Belgio dal campo di transito di Malines e nei Paesi Bassi dal campo di concentramento di Westerbork. Le tragiche destinazioni dei circa 5000 deportati politici e razziali internati a Fossoli furono Auschwitz-Birkenau, Buchenwald, Bergen-Belsen, Mauthausen, Ravensbruck. Ad oggi è noto che tra gennaio e agosto 1944 per gli internati di Fossoli furono organizzati almeno 8 convogli ferroviari, cinque dei quali destinati ad Auschwitz.

A causa dell'avvicinarsi del fronte e dell'intensificarsi delle pressioni partigiane nella zona, la gestione e il controllo diventano difficili: il 2 agosto il comando tedesco decide di chiudere il lager e di trasferirlo più a nord, a Bolzano-Gries. Si stima che da Fossoli siano passati circa 5000 deportati, di cui la metà ebrei.

Centro di raccolta per manodopera per la Germania

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Agosto 1944 - novembre 1944: il "Campo nuovo" passa alle dipendenze della Direzione generale per l'ingaggio della manodopera per la Germania (Gba). Il campo raccoglie cittadini rastrellati, oppositori politici, uomini e donne da inviare al lavoro coatto nei territori del Terzo Reich. In seguito ai bombardamenti il campo viene trasferito a Gonzaga nel mantovano.

Seppur nato dalle vicende belliche, nel dopoguerra il campo continua ad essere utilizzato e viene adibito anche a scopi abitativi. Le trasformazioni adattano le preesistenti strutture di prigionia alle nuove esigenze di vita quotidiana della comunità civile, nascondendo in parte i segni più evidenti del Dulag (Durchgangslager). Si ritiene che siano originali la muratura delle baracche e la posizione delle strutture superstiti.

Campo di concentramento di prigionieri dello sconfitto regime fascista ("indesiderabili")

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Dopo la fine della guerra diventa campo di concentramento per militari che avevano combattuto al servizio dei nazifascisti e collaborazionisti civili. In questa fase, come nelle precedenti, il parroco di Fossoli Francesco Venturelli svolge opera di assistenza ai prigionieri. Nel clima di forte contrapposizione di quei mesi, viene ucciso il 15 gennaio 1946.

Centro di raccolta profughi stranieri

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Agosto 1945 - maggio 1947: il "Campo nuovo" viene adoperato dalla questura di Modena come centro di raccolta per profughi ed anche ebrei reduci dai lager in attesa del rimpatrio.[9]

Al 1946 il "Campo vecchio" risulta già demolito e l'area destinata ad uso agricolo.

L'Opera Piccoli Apostoli

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I Piccoli apostoli abbattono i reticolati dei campi

Il 19 maggio del 1947 il sito viene occupato da don Zeno Saltini che vi insedia l'Opera Piccoli Apostoli. Con un colpo di mano i ragazzi orfani abbattono i reticolati e si insediano nel campo facendo nascere la comunità di Nomadelfia per bambini abbandonati e orfani di guerra. Nel momento di massima espansione si raggiunge la cifra di 700 bambini; con gli adulti si arriva a 1.000 persone.

Comunità di Nomadelfia

Nel 1952 il governo (in particolare il ministro degli interni Mario Scelba) pone fine all'esperimento in cui il cristianesimo si univa ad un forte impegno sociale, detto comunismo evangelico, e don Zeno, anche per la pesante situazione debitoria, è costretto a lasciare Fossoli. La comunità si trasferisce a Grosseto in una tenuta donata dalla contessa Pirelli.[10]

Villaggio San Marco

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1954 - 1970: L'Opera assistenziale profughi giuliano-dalmati ottiene l'ex campo Fossoli per i propri assistiti. Arrivare le prime famiglie di profughi italiani provenienti dai territori dell'Istria e della Venezia Giulia passati sotto il controllo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Con il trasferimento nel 1970 dell'ultima famiglia a Carpi, termina l'esperienza del Villaggio San Marco.[11]

Situazione attuale

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Il Campo

Del campo originale rimangono solo i muri delle baracche e la posizione delle strutture superstiti.

Nel 1984, grazie ad una legge speciale, l'area dell'ex campo di Fossoli viene concessa a titolo gratuito al Comune di Carpi che, dopo l'apertura nel 1973 del Museo - monumento al deportato, ne aveva fatto richiesta all'Intendenza di finanza. Fino al gennaio 2001 la gestione del museo e dell'ex campo è a cura del Comune di Carpi, poi affidata alla Fondazione Fossoli.

I terremoti dell'Emilia del 20 e del 29 maggio 2012 arrecano danni rilevanti alle baracche causando l'inagibilità del campo e la chiusura ai visitatori che vi varcano l'entrata in circa 30.000 all'anno. Il 9 novembre 2012 il museo riapre normalmente al pubblico e anche il campo torna ad essere visitabile.

Il 25 aprile 2017, in occasione della festa della Liberazione, al campo fa visita il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che tiene un discorso davanti alla popolazione convenuta.

Passarono per il campo di Fossoli 2844 ebrei, di questi 2802 furono deportati.[12]

Uccisioni, morti e violenze a Fossoli

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  • Leone di Consiglio, in principio di ribellione, venne ucciso in un convoglio di camion che si dirigeva a Fossoli e arrivò al campo già morto.
  • Giulia Consolo, di Alessandria d'Egitto, trasferitasi a Roma per il matrimonio, morì il 5 febbraio 1944 all'ospedale di Carpi.
  • Giulio Ravenna, ferrarese, era di un'ex-famiglia ebraica, divenuta cattolica; già di salute malferma prima di giungere al campo, si aggravò il 17 febbraio. Don Venturelli, parroco della frazione Fossoli, lo assistette sino alle 17 del giorno dopo, quando morì. Aveva 71 anni.
  • Carolina Iesi, ferrarese, di 85 anni, morì a Fossoli, per quanto dichiarato, di "senilità".
  • Giovanni Schembri, sessantunenne proveniente da Bagni di Lucca, nato a Tripoli, morì il 13 marzo.
  • Rosa Doczi, slovena, vissuta a Fiume, doveva essere deportata ad Auschwitz con il convoglio RSHA 9, ma morì quattro giorni prima, il 1º aprile. Il nipote venne deportato e lì morì.
  • Teodoro Sacerdote, torinese di 95 anni, morì Il 7 giugno.
  • Magenta Nissim di Firenze morì il 12 giugno. Lei e Sacerdote andavano deportati il 26 giugno ed erano i più vecchi del campo.
  • Pacifico di Castro doveva essere assegnato ad una squadra di lavoro. Non capiva il tedesco e, secondo alcune fonti, era anche parzialmente sordo; l'ufficiale Rieckhoff gli sparò il 1º maggio.

Del cadavere di Giulia Consolo si occupò don Venturelli. Voleva seppellirlo nel cimitero ebraico carpigiano, ma doveva avere l'autorizzazione della Comunità Ebraica di Modena, e nessun membro era reperibile. Fu sepolta nei pressi della camera per le autopsie del cimitero cattolico di Carpi.

Alla fine della guerra rientrò a Carpi Manlio Campagno, che era fuggito in Svizzera, di cui don Tirelli fa menzione nella Cronaca Carpigiana. Seppe delle sepolture dei nove ebrei (ne mancava uno alla sua lista) morti a Fossoli. Furono rintracciati parenti per i due terzi delle vittime. Quattro salme vennero portate in altre città. Arturo Morello e Giulio Ravenna furono esumati e messi in tombini del cimitero cattolico. Giulia Consolo, Carolina Iesi e Rosa Doczi sino al 1957 restarono nel luogo di originale sepoltura, ma il cimitero doveva essere ampliato e i corpi spostati, e Campagno li fece seppellire nel cimitero ebraico, in presenza di varie autorità e di un rabbino. Furono avvisate le comunità di provenienza e fu rintracciato Fernando Terracina, figlio della Consolo, che fece portare a Roma i resti di Giulia. I corpi di Carolina Iesi e di Rosa Doczi sono tuttora nel cimitero ebraico, dove erano stati sepolti i morti della comunità ebraica carpigiana, che esistette dal 1825 al 1922, con la morte[non chiaro] di Augusto Rimini. È tuttora sconosciuta la sepoltura di Giovanni Schembri e i tombini di Morello e di Ravenna.

Leopoldo Gasparotto, capo partigiano, ucciso nelle campagne di Fossoli nel giugno 1944.
  • Leopoldo Gasparotto, comandante delle Brigate partigiane Giustizia e Libertà, venne arrestato a Milano e finì a Fossoli nei primi mesi del funzionamento del campo. Riuscì a contattare i partigiani, ai quali forniva documenti, e iniziò a predisporre un piano di fuga generale, dopo aver fatto fuggire diversi altri prigionieri. Le SS, notata la sua pericolosità, il 22 giugno 1944 lo portarono in un camion nei pressi di Carpi, e, quando la ruota del camion si bucò, gli ordinarono di scendere e lo uccisero sul posto. Tornarono al campo in bicicletta, e poco dopo vennero con un altro mezzo, che prelevò il cadavere di Gasparotto dal luogo dell'esecuzione. Il suo corpo venne sepolto in una tomba anonima; successivamente è stato recuperato.
  • Il cinquantanovenne Arturo Morello, di Casale Monferrato, morì il 12 marzo di morte naturale.
  • L'eccidio di Cibeno: il 12 luglio 1944 67 internati politici del campo di concentramento di Fossoli furono fucilati dalle SS al poligono di tiro di Cibeno (Carpi)[13].

Persone legate al campo

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  • Bocche inutili, una storia sulla femminilità negata, di Claudio Uberti, Italia 2022, 1'44"
  1. ^ a b c d e f g h i j k l m Encyclopedia of Camps and Ghettos, 1933–1945, III, Bloomington, Indiana Press con United States Holocaust Memorial Museum, 2018, pp. 430-431, ISBN 978-02-5302-373-5.
  2. ^ a b La Shoah degli Ebrei Italiani, pag. 4, su pietredinciampo.eu. URL consultato il 14 novembre 2021.
  3. ^ I luoghi della Shoah e della deportazione in Italia, su toscana-notizie.it. URL consultato il 14 novembre 2021.
  4. ^ RSI: la Carta di Verona, su storiaxxisecolo.it. URL consultato il 14 novembre 2021.
  5. ^ a b c Marcello Pezzetti, Primo Levi nel limbo di Fossoli, in la Repubblica, pp. 34-35.
  6. ^ Fossoli - ANED, su ANED: Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti. URL consultato il 22 febbraio 2024.
  7. ^ (EN) Yad Vashem: Murder of the Jews of Western Europe, su yadvashem.org.
  8. ^ (EN) Transit Camps in Western Europe During the Holocaust, su training.ehri-project.eu.
  9. ^ In particolare a Fossoli non fu facile il rapporto con le persone ivi raccolte considerate in genere solo degli indesiderati. Si ritrovarono insieme anche ebrei e i loro aguzzini
  10. ^ vedi Antonio Saltini Don Zeno: Il sovversivo di Dio
  11. ^ Maria Luisa Molinari, Villaggio San Marco: via Remesina 32, Fossoli di Carpi: storia di un villaggio per profughi giuliani, EGA editrice, 2006, ISBN 8876705759
  12. ^ Cfr. in Gaetano Vallini, Nessuno si chiedeva perché. La vacuità del mito degli "italiani brava gente" in un volume sul lager nazifascista di Fossoli. su L'Osservatore Romano del 27 gennaio 2010.
  13. ^ I fucilati al Poligono di Cibeno Archiviato il 30 giugno 2013 in Internet Archive.
  14. ^ Raimondo Ricci | ANPI
  • Enea Biondi, Caterina Liotti e Paola Romagnoli, Il Campo di Fossoli: evoluzione d'uso e trasformazioni, ibidem, pp. 35–49.
  • Chiara Bricarelli (a cura di), Una gioventù offesa. Ebrei genovesi ricordano, Firenze, La Giuntina, 1995, ISBN 88-8057-021-8.
  • Alexis Herr, The Holocaust and compensated compliance in Italy: Fossoli di Carpi, 1942-1952, Basingstoke, New York, Palgrave Macmillan, 2016.
  • Anna Maria Ori, Il Campo di Fossoli. Da campo di prigionia e deportazione a luogo di memoria, Carpi, 2004.
  • Anna Maria Ori, La memoria stratificata del Campo di Fossoli, in Deportazione e memoria della deportazione, Cuneo, 2004, pp. 125–178.
  • Anna Maria Ori, Carla Bianchi, Metella Montanari, Uomini nomi memoria. Fossoli 12 luglio 1944, Carpi, 2004.
  • Anna Maria Ori, Il Campo di Fossoli, in Fossoli. Memoria privata, rimozione pubblica, Milano, 2007, pp. 15–42.
  • Anna Maria Ori, Fossoli, dicembre 1943-agosto 1944, in Il Libro dei deportati, volume II, Milano, 2010, pp. 778–822.
  • Atti di Congressi, Fossoli: memoria privata, rimozione pubblica, Milano, In Dialogo, 2007.
  • Daniela Padoan, Come una rana d'inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz: Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi, Milano, Bompiani, 2004, ISBN 88-452-0117-1.
  • Danilo Sacchi, Fossoli: transito per Auschwitz. Quella casa davanti al campo di concentramento, Firenze, La Giuntina, 2002, ISBN 88-8057-138-9.
  • Enea Biondi, Una città quasi realizzata, ibidem, pp. 64–72.
  • Enzo Collotti, Introduzione, in Trentacinque progetti per Fossoli, a cura di Giovanni Leoni, Milano, 1990, pp. 11–22.
  • Gilberto Salmoni, Una storia nella Storia - Ricordi e riflessioni di un testimone di Fossoli e Buchenwald, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2005, ISBN 978-88-7563-820-7.
  • Giovanna D'Amico, Sulla strada per il reich: Fossoli, marzo-luglio 1944, Milano, Mursia, 2015.
  • Giovanni Leoni, Trentacinque progetti per Fossoli, Milano, Electa, 1990.
  • Jole Marmiroli, Antonio Manzi: partigiano cattolico assassinato a Fossoli, Milano, Aned, 2005.
  • Leopoldo Gasparotto, Diario di Fossoli, Torino, Bollati Boringhieri, 2007.
  • Liliana Picciotto, Il libro della memoria, Milano, 2002, pp. 903–929.
  • Liliana Picciotto, L'alba ci colse come un tradimento - Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944, Milano, Mondadori, 2010, ISBN 978-88-04-58596-1.
  • Luciana Laudi, Venezia-Fossoli: direzione Auschwitz. Lettere di Cesare Carmi: 1943-1944, Saonara, Il Prato, 2019, ISBN 978-88-6336-473-6.
  • Luciano Casali, La deportazione dall'Italia. Fossoli di Carpi, in Spostamenti di popolazione e deportazioni in Europa 1939-1945, atti del convegno (Carpi, 4-5 ottobre 1985), Bologna 1987, pp. 382–406.
  • Mario Abbiezzi, Poldo Gasparotto: la storia, Torino, Bradipolibri, 2007.
  • Paolo Liggeri, Triangolo rosso. Dalle carceri di S. Vittore ai campi di concentramento e di eliminazione di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen, Dachau, marzo 1944-maggio 1945, La casa, Milano, 1946.
  • Paolo Paoletti, La strage di Fossoli, Milano, Mursia, 2004, ISBN 88-425-3285-1.
  • Renzo Baccino, Fossoli, Modena, 1961.
  • Roberta Gibertoni e Annalisa Melodi, Il campo di Fossoli e il Museo Monumento al Deportato di Carpi, in Un percorso della memoria. Guida ai luoghi della violenza nazista e fascista in Italia, a cura di Tristano Matta, Milano, 1996, pp. 99–119.
  • Roberta Gibertoni e Annalisa Melodi, Il Campo di Fossoli, in Il Museo Monumento al Deportato a Carpi, Milano, 1997, pp. 21–32.
  • Roberta Gibertoni, Fossoli, in Dizionario dell'Olocausto, Torino 2004, pp. 297–300.
  • Romano Gualdi, …dove anche il fango è pulito: il campo di concentramento di Fossoli, Modena, Gualdi, 1990.
  • Simone Duranti, Letizia Ferri Caselli, Leggere Fossoli: una bibliografia, La Spezia, Giacche, 2000.
  • The United States Holocaust Memorial Museum, ENCYCLOPEDIA OF CAMPS AND GHETTOS, 1933–1945, a cura di Geoffrey P. Megargee, Joseph R. White, Mel Hecker, III, Bloomington, Indianapolis, Indiana University Press, 2018, pp. 430-431, ISBN 978-0-253-02373-5.

Voci correlate

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