Jill Tweedie

«In Inghilterra è diventata la voce delle donne che grazie a lei hanno preso il coraggio di guardare in faccia la realtà della loro vita.»

«Il suo femminismo è venuto dal cuore, e direttamente dalla propria, spesso dolorosa esperienza.»

Jill Tweedie, Jill Sheila Tweedie (Il Cairo, 22 maggio 1936[1]Londra, 12 novembre 1993), è stata una scrittrice e giornalista inglese, attivista femminista.

Nasce a Il Cairo da una famiglia agiata, il padre Patrick è pilota alla Royal Air Force, la madre Sheila Whittall è figlia di una ricca famiglia britannica[2]. Trascorre l'infanzia nelle contee inglesi con i genitori "infelicemente sposati", come lei stessa era solita ricordare, e con un fratello più piccolo. A Londra studia presso la Croydon High Scuola in Croydon e a 16 anni frequenta una scuola di perfezionamento in Svizzera, una finishing school dove le ragazze di buona famiglia studiano danza, le buone maniere e imparano il galateo.

È stata una delle giornaliste più note al pubblico inglese grazie alla sua rubrica sul quotidiano The Guardian, dove ha scritto dal 1969 al 1988. Ha anche collaborato con numerosi settimanali e partecipato a trasmissioni televisive[3] e radiofoniche. Si è occupata in particolare di problemi relativi alla condizione femminile; i suoi scritti hanno ispirato un'intera generazione di donne e influenzato notevolmente il movimento femminista negli anni '70 e '80. È stata una delle prime giornaliste ad affrontare tematiche tabù in quegli anni, come l'uso degli stupri di massa delle donne come arma da guerra in Bangladesh, le mutilazioni genitali, il trattamento delle donne durante il parto, la violenza domestica e lo stupro[4]. A tale proposito scriveva:

«La maggior parte della violenza, la maggior parte della criminalità ... non è commessa da esseri umani in generale. È commessa da uomini...»

Nonostante trattasse argomenti "pesanti", il suo stile era caratterizzato da umorismo, calore e sincerità. Le sue raccolte editoriali, Letters from a Fainthearted Feminist e More from Martha, lettere scritte da una casalinga ad un'amica militante femminista, sono diventate una serie televisiva trasmessa dalla BBC.

Per due volte è stata eletta Giornalista donna dell'anno[5], nel 1971 e nel

I suoi primi 20 anni sono descritti nel primo volume dell'autobiografia, Eating Children (1993), dove racconta gli sfortunati e infelici periodi della sua vita, e la continua e determinata ribellione contro il padre, descritto come crudele, irascibile e sprezzante. La narrazione avanza non con autocommiserazione, ma con ironia e leggerezza. L'autobiografia continua in Frightening People (Fragments), ma resterà incompiuta a causa dell'aggravarsi della malattia.

Nel 1993 si ammala di SLA, malattia che aveva già ucciso suo padre. Alcune testimonianze sostengono che abbia chiesto e ottenuto di accelerare la propria fine[6]. Muore il 12 novembre 1993.

Poco prima aveva posato per la pittrice Sarah Raphael insieme alle colleghe Mary Stott, Polly Toynbee, Posy Simmonds e Liz Forgan. Tweedie è seduta sul divano, è molto magra, evidentemente sofferente. Il ritratto è esposto al National Portrait Gallery (NPG6247) di Londra[7].

Nel novembre 2005 è stata inclusa nell'elenco dei 40 giornalisti britannici più influenti degli ultimi 40 anni[8] dalla rivista Post Gazette.

Ha avuto tre relazioni importanti:

  • a 18 anni circa, durante un breve soggiorno in Canada, conosce il suo primo marito, un conte ungherese in esilio, Bela Cziraky[9], si sposano nel 1953. Avranno 3 figli: il primo Nicholas nasce nel 1955, ma muore in culla a soli 5 mesi, la seconda Ilona nasce nel 1958 e il terzo Adam nel 1959. Rimarranno in Canada circa 8 anni prima di tornare a vivere a Londra. Dopo la separazione, nonostante interminabili battaglie legali, non rivedrà i due figli sino alla loro maggiore età.
  • nel 1960 circa incontra l'olandese Bob D'Ancona, nel 1965 nascerà Lukas, unico figlio rimasto con lei;
  • nel 1973 a Londra sposa l'uomo che sarà l'amore della sua vita, Alan Brien (12 Marzo 1925 – 23 Maggio 2008), anche lui giornalista, suo compagno fino alla morte.
  • In the Name of Love: A Study of Sexual Desire, editore: Pantheon Books, New York 1979. ISBN 1-86064-589-5.

Il testo è stato tradotto in:

  • italiano, In nome dell'amore. Il più antico, oppressivo e sublime sentimento che lega uomini e donne, editore: Rizzoli, Milano 1982.[12]
  • spagnolo, En nombre del amor. Un estudio sobre el deseo sexual, editore: Oceano, Messico 2004. ISBN 970-651-877-0.[13]
  • tedesco, Die sogenannte Liebe. Von den Zwängen der Zweisamkeit, editore: Rowohlt Verlag GmbH, 1982. ISBN 3-498-06474-6
  • It's only me: pieces from a column, editore: Robson Books Ltd, 1980. ISBN 0-86051-123-5
  • Letters from a Fainthearted Feminist, editore: Robson Books Ltd, 1982. ISBN 0-86051-914-7 [14]
  • More from Martha (Letters from a Fainthearted Feminist), editore: Robson Books Ltd, 1983, ISBN 0-86051-259-2

Articoli in rete:

  • Deborah Chambers, Linda Steiner, Carole Fleming, Women and Journalism, editore: Routledge Londra 2004, p. 39. ISBN 0203500660
  • Eleanor Mills, Cupcakes and kalashnikovs: 100 years of the best journalism by women, editore: Constable, 2005. ISBN 1-84529-165-4
  • Jill Tweedie, raccolta di articoli: Why nice girls finish last del 18 gennaio 1971, Too true confessions e Why the conference to turn attention on crimes against women failed del 15 marzo 1976, Slave wages del 3 maggio 1976, Letters from a fainthearted feminist del 5 maggio 1982, in Women of the Revolution: Forty Years of Feminism di Kira Cochrane, editore: Guardian Books, Londra 2010. ISBN 0-85265-224-0

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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Necrologi

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