L'aiuola che ci fa tanto feroci
L'aiuola che ci fa tanto feroci (Paradiso XXII, 151) è un verso del ventiduesimo canto del Paradiso, dalla Divina Commedia di Dante Alighieri. Dante e Beatrice stanno seguendo Benedetto all'Empireo, nello spazio dei Gemelli, il segno dei pellegrini; Dante rivede i cieli dei sette pianeti e, in quel fondo dell'infinito, la terra, l'aiuola che ci fa tanto feroci, che scatena fatalmente gli istinti violenti degli uomini (vv.145-154), e da cui si sente ormai lontano.
«Quindi m'apparve il temperar di Giove
tra 'l padre e 'l figlio; e quindi mi fu chiaro
il varïar che fanno di lor dove;
e tutti e sette mi si dimostraro
quanto son grandi e quanto son veloci
e come sono in distante riparo.
L'aiuola che ci fa tanto feroci,
volgendom' io con li etterni Gemelli,
tutta m'apparve da' colli a le foci»
C'è una citazione esplicita a Boezio (De consolatione philosophiae II, 7), in cui la nozione cosmogonica della "terra-aiuola" è collocata come lontanissima, anche se all'interno di un luminoso quadro astrale.[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Lo studio più esaustivo sulle fonti di Dante relative a questo verso è quello di Alfonso Traina, L'aiuola che ci fa tanto feroci. Per la storia di un topos, in Id, «Poeti Latini e Neolatini», Bologna 1980, pp. 305-335