Primo Visentin

Primo Visentin

Primo Visentin, soprannominato Masaccio (Riese Pio X, 13 dicembre 1913[1]Loria, 29 aprile 1945), è stato un partigiano italiano, medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.

La statua del Palinuro, all'università di Padova

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Collocata nell'Atrio degli eroi, lo scultore è Arturo Martini, è concepita per integrarsi con i dipinti murali e l’architettura del locale, opera di Gio’ Ponti, vedi link :

https://800anniunipd.it/storia/palinuro

Perché un privilegio, così esclusivo, ad un comandante partigiano,  pur audace e generoso, ma che non brillò, più di altri, per doti militari?

La sua peculiarità è il carisma eccezionale, la spiccata attitudine e vocazione per espletare un ruolo pedagogico, incancellabile, sui suoi, giovanissimi, inesperti, ignoranti, seguaci, merito ben più importante e duraturo di qualche successo bellico.

Qualità particolarmente apprezzate dal mondo della cultura accademica, che ambisce ad un ruolo di guida del movimento di liberazione.

Per esempio, il CLN veneto viene tenuto a battesimo dal rettore dell’Università di Padova, Marchesi, comunista, nel suo ufficio, alla presenza di Gavino Sabadin, cattolico e di Rocco, “Puntino” agente segreto al servizio degli inglesi.

Se l'università ha scelto di porre il cappello sulla genesi del movimento per la liberazione, a maggior ragione, ribadisce il messaggio alla fine: scegliendo Masaccio, come simbolo.

Elena Povoledo

Compagna di studi, poi brillante critica d'arte, discendente di una prestigiosa famiglia veneziana, bellissima, condivide, con Primo, la vita miserabile, disagiata e pericolosa degli ultimi mesi, poco si sa, ma presumo, molto di più di una staffetta.

Non solo si prodiga per la scelta del soggetto, ma influisce molto sulle scelte stilistiche dello scultore, celeberrimo, in crisi di ispirazione artistica.

Il soggetto  è Palinuro, timoniere della nave, che veglia al timone, mentre tutti i compagni dormono ed avvista la terra promessa.

Il dio crudele vince la sua resistenza e lo stordisce con un sonnifero, per poi strapparlo dalla nave, insieme alla poppa, alla quale si è legato (Eneide, libro V).

Nato nel 1913 a Poggiana di Riese Pio X da Umberto e Maria Martinello, braccianti, rimase presto orfano di padre morto sul fronte isontino durante la prima guerra mondiale a causa di un malattia febbrile.[1]

La madre si risposò con Michele Quaggiotto. Primo trascorse la sua infanzia in condizioni economiche tutt'altro che agiate. Infatti, dal matrimonio tra Maria e Michele nacquero altri sei figli per cui Michele dovette emigrare in America per sfamare la propria famiglia. Primo Visentin, come orfano di guerra, venne accolto nell'istituto per loro [1] di Vittorio Veneto, gestito da Mons. Bianchin.

Successivamente frequentò il ginnasio della città e, ritornato a Poggiana, completò gli studi acquisendo il diploma magistrale nel 1932.[1] Nel novembre dello stesso anno ricevette il suo primo incarico a Vallà di Riese: una classe terza elementare di 50 alunni. Nel 1936 accettò l'incarico di segretario del Partito Nazionale Fascista nella sezione di Loria, ruolo che lasciò l’anno dopo.

In quel periodo si iscrisse anche all'Università di Padova,[1] giungendo alla laurea (110 e lode) con la tesi: La fortuna critica di Giorgione nel 1940, anno di inizio della guerra.

I primi tre anni di guerra segnarono per Primo un cambiamento. Insegnò ad Asolo, Venezia, a Bergamo. Sua madre morì il 29 aprile 1942. Gravò allora su di lui il mantenimento dei suoi sei fratelli. A Venezia, il suo professore Agostino Zanon dal Bo lo introdusse nel PdA cittadino e lo mise in contatto con i primi nuclei antifascisti.

Richiamato alle armi nel 1943, rifiutò i privilegi conferiti dalla laurea e venne addestrato al CAR, come soldato semplice, nel 32º reggimento d'artiglieria divisionale. Immediatamente dopo l'8 settembre scavalcò il muro della caserma e si procurò delle armi, insieme con i primi amici fidati.[1] Raccolse subito molti altri renitenti alla guerra ed organizzò varie bande, da ultima la "Brigata Martiri del Grappa"[1] dopo il rastrellamento. Sempre in prima fila. Il suo nome di battaglia era Masaccio,[1] in ricordo del suo pittore preferito.

Il cippo, a Loria dove morì, con busto dell'artista Sergio Comacchio.

Il 17 febbraio 1945 per salvare la città di Bassano del Grappa da un minacciato bombardamento guidò un gruppo di 15 partigiani che trainavano, in bicicletta, due carretti con le pesanti bombe, [2]fino al Ponte di Bassano chiamato anche Ponte degli Alpini e lo fece saltare, sotto gli occhi dei tedeschi. Lui, travestito da ufficiale tedesco, dirigeva i movimenti dei suoi e sollecitava lo sgombero del ponte ai passanti. [3].

Il 29 aprile, ultimo giorno di guerra,[1] mentre stava intimando la resa a un reparto tedesco, fu ucciso da una raffica sparata alle spalle.[4][5]. Secondo tutte le fonti l'omicidio sarebbe da ascriversi al comandante subalterno, Antonio Andretta, il quale temeva che con la fine della guerra, per le sue malefatte sarebbe stato consegnato alla magistratura civile.

Masaccio teneva in tasca il verbale del processo partigiano che lo condannava e una testimone lo vide rovesciare il corpo del morente, estrarre, dalle sue tasche, il taccuino e strappare le pagine.[6] Secondo Sergio Bernardi ed altri autori, l'omicidio di Primo Visentin non fu un caso isolato e va inserito nella vasta e complessa trama degli intrallazzi e conflitti, tra i vari servizi segreti alleati, ma anche fascisti.[7]


Personaggio scomodo, per i valori professati

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Il suo parente e compaesano, Bernardi Sergio, si diffonde sul profilo umano e culturale del comandante e sull'originalità della sua azione, estrapolati dal suo libro, dal titolo :"L'anima nera della balena bianca."[8]

Gran parte degli elementi più utili, provengono, dalle opere più recenti di Egidio Ceccato e Benito Gramola, solo in piccola parte, elencate nella bibliografia.

Per trovare un conferma di alcuni dettagli inediti, è stato prezioso l'Archivio Storico Masaccio, digitalizzato per iniziativa del comune di Riese:

https://archiviomasaccio.it/

Antimilitarista

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Contro la violenza, nei manifesti contro i tedeschi, si firmava: ribelle per amore.

Arruolato, poco prima dell’8 settembre, rifiutò i privilegi che gli conferiva la laurea e fece la naia come soldato semplice.

Il giorno dopo l’armistizio fuggì e qualche giorno dopo, con alcuni amici, si era già procurato qualche arma.

Ai disertori, molti giovanissimi, sprovveduti e disorientati, che avevano bisogno di una guida, parlava del sentimento patriottico, della priorità di liberare la patria dall’oppressore tedesco, ma anche dell'imperativo morale, di rifiutare di combattere, per le folli, ingiustificate, catastrofiche, guerre di aggressione, dichiarate dal duce.

Insomma fu, soprattutto, un educatore, con la parola e con l’esempio.

Intrepido e capace, come comandante militare

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Ammirato dai subalterni, per la sua audacia ed abilità organizzativa e combattentistica che manifestò per la demolizione del ponte di Bassano, un obiettivo imposto dal CLN, per evitare, come alternativa, il catastrofico, bombardamento aereo della città.

La sua zona franca

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Coerente con i suoi ideali, la realizzò intorno al paese di Poggiana, dove, a detta dei testimoni, i tedeschi correvano ad arrendersi a migliaia.

Non ci fu mai un morto, tranne Masaccio stesso... però ucciso da un partigiano!

Aggravandosi il problema di nutrire quella massa enorme di prigionieri, si decise di disarmarli, spogliarli di ogni bene e lasciarli ritornare a casa, a piedi.

In paese si fantasticava di somme astronomiche accumulate, c'era un fondo di vero; si trattava di moneta valida, rapinata nelle banche italiane, incontrate lungo il tragitto.

Hitler stesso suggeriva, imponeva. questo tipo di rapina, per sopperire alle esigenze della Wermacht.

La trattativa con la SS Perrillo, nell’imminenza della ritirata

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La "liberazione" , in Veneto più che altrove, , non vede un ruolo rilevante degli "schioppetti dei partigiani", ma, piuttosto, la la regia di un comitato, che si nasconde, neanche troppo, dietro le quinte: i servizi segreti , il CLN, gli alleati, ma anche fascisti, il clero ecc.

Masaccio stesso si inserisce in questa ridda di trattative, incontra la SS Perrillo, la SS che ha il pieno controllo di Bassano e del circondario.

La riunione, in città, nel suo covo, si protrae per tutta la notte, poi continuano a scriversi.

Sta di fatto, che, a Bassano e dintorni, nelle ultime ore, non ci furono eccidi degni di nota, tranne l'eliminazione di Masaccio...

Soggetto pericoloso ed inviso politicamente, ma nel nuovo regime

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Vicino al PdA, poi PRI, invitava tutti ad attendere la fine della guerra, prima di scatenare la bagarre partitica.

Etichettato, falsamente, come acquisito alla DC, da Sabadin, il capo del CLN veneto, indignato, lo smentì, platealmente.

Da quel momento, per un motivo o per l'altro, non ricevette più alcun aviolancio.

Ammazzato nell’istante fatidico, nel quale gli ultimi tedeschi evacuano la sua zona.

Questi testimoni del delitto partigiano, per essere ben certi di non venire incolpati loro, si consegnarono prigionieri, senza colpo ferire.

A guerra finita, oziavano, indisturbati, nei pressi del comando di divisione di Ramon, quando, alcuni camerati ritardatari, in transito, li invitarono a tornare a casa con loro, ma si rifiutarono.

Gli indizi di complicità e connivenza, da parte del gruppo dirigente partigiano

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- Andretta, suo comandante subalterno, ha un movente personale per ucciderlo.
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Masaccio custodisce, gelosamente, nelle sue tasche, il verbale di un processo partigiano contro di lui e l'omicida sa che lo consegnerà alla magistratura civile, a guerra terminata, cioè poco dopo, la faccenda è minuziosamente documentata nell'"archivio Masaccio", già nominato.

Andretta, dopo averlo colpito, rovescia il corpo del moribondo, estrae dalle tasche il taccuino e ne strappa le pagine.

Il vertice partigiano non lo consegna alla giustizia e non lo destituisce dal suo ruolo di comando.

Anzi, lascia esposto,alle sue angherie, Hannig, suo subalterno, che è stato l’interprete, al fianco di Masaccio, ferito al piede, dalla stessa sventagliata di mitra.

Costui protesta, invano, chiedendo di cambiare formazione, viene trovato morto, poco dopo, nei pressi di un incrocio stradale.

Altro delitto impunito, si può supporre, non indagato.

- Il sabato 28/4, il comando di divisione della Monte Grappa, a Ramon, assolda un plotone della X MAS
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Lo storico Benito Gramola, nel suo libro "Monte Grappa, tu sei la mia patria" documenta questa vicenda.[1]

La guerra non è finita, è il giorno antecedente la morte di Masaccio.

I militi fascisti svolgeranno il servizio d’ordine, nel suo funerale a Poggiana, a guerra finita, il mercoledì successivo.

L'ingaggio è diligentemente documentato, con tanto di dettaglio sul compenso.

Al funerale di Masaccio, la piazza deserta di partigiani, compaesani ed amici.

Sulla sinistra, un cordone di donne, di una congregazione cattolica che presenzia ai funerali dei reietti.

In basso, a destra, i 25 militi fascisti della X MAS, assunti per fare servizio d'ordine.

La piazza di Poggiana all'uscita della bara

- Nelle stesse ore a Thiene si conclude un patto tra X MAS e la "comunità cittadina"

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Come documenta il libro di Egidio Ceccato: Patrioti e Partigiani, negli ultimi mesi di guerra, da mesi, Borghese ha concentrato, nella zona, il meglio dei suoi reparti operativi, al comando del generale Corrado.

Questo speciale accordo, per metà pubblico e per l'altra, esplicitamente, secretato, su richiesta del generale Corrado, viene consacrato, con una cerimonia religiosa solenne, il giorno seguente, da mons. Zannoni, l'indiscusso padre e padrone della comunità cittadina.

In quel momento, nel cimitero cittadino, giacciono, insepolti, i cadaveri dei suoi pupilli: Chilesotti, Carli ed Andreetto, cioè il vertice della grande divisione Ortigara.

Sono stati giustiziati il venerdì 27/4, a Sandrigo, dalla colonna tedesca venuta a portare, oltre confine, le SS Carità e Perrillo e che deve attraversare il vasto territorio, sotto il comando degli uccisi.

Le due SS italiane sono troppo famigerate, per sperare di essere riciclate in patria, sia pure dopo un periodo di quarantena, come molti esponenti di grado più elevato, del fascismo,

Indizi di complicità del CLN

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Nell'immediato dopo guerra, tocca a Domenico Sartor, suo massimo esponente locale, gestire la difesa nel processo contro l'omicida di Masaccio.

Brillantissimo avvocato, non si espone in prima persona, ma delega Bossum, un suo uomo che, nello stesso momento, ha insediato sulla poltrona di primo sindaco della Castelfranco liberata.

Costui, in due processi lampo contemporanei, paralleli, ottiene l'assoluzione degli inquisiti, sia per l'omicidio di Masaccio che per quello di Adami.

Quest'ultimo, socialista, è il gemello di Primo Visentin, per tipo di valori predicati e praticati, carisma con i subalterni, amatissimo dalla popolazione locale.

Però è un corpo estraneo, politicamente, come Masaccio, in un territorio duramente controllato dai comunisti.

Coincidenza vuole, che Sartor, a Castelfranco realizzi, brillantemente, un inedito compromesso storico, con il PCI locale.

Medaglia d'oro al valor militare alla memoria - nastrino per uniforme ordinaria
«Fin dall'inizio del movimento cospirativo, organizzò le formazioni armate, trascinando con l'esempio, con l'entusiasmo e con l'ardimento le squadre dei giovani da lui inquadrate. Comandante di Brigata, partecipò alle più ardite azioni di lotta e di sabotaggio e la sua audacia non conobbe ostacoli, né pericoli. A poche ore dalla liberazione, mentre intimava la resa ad un forte gruppo di tedeschi asserragliati, cadde colpito a morte, chiudendo da eroe la sua adamantina vita dedicata al luminoso ideale della Patria libera. Il suo nome, consacrato dal sacrificio, è assurto a simbolo della zona del Grappa.»
— Loria, 29 aprile 1945
  1. ^ a b c d e f g h i Del Negro 2015,  p 347.
  2. ^ Le Rive del Muson: Ambiente e Storia, su Le Rive del Muson: Ambiente e Storia. URL consultato il 16 luglio 2024.
  3. ^ Lorenzo Parolin, Nel '45 la bomba dei partigiani, su Il Giornale di Vicenza, 2014.03.22. URL consultato il 23 novembre 2021.
  4. ^ Diritto senza castigo: la morte del partigiano “Masaccio” dal La domenica di Vicenza.
  5. ^ L'arme, gli amori i libri e i tormenti del "prof" Masaccio La tribuna di Treviso.
  6. ^ Il partigiano Masaccio e il sangue dei vincitori da Il Corriere del Veneto 23 dicembre 2009;Antonio Serena: Benedetti assassini, Milano, 2015 p. 287 sgg.
  7. ^ Sergio Bernardi, L'anima nera della balena bianca, su rivemuson.wordpress.com, Munari, pp. 447.
  8. ^ Benito Gramola, Monre Grappa, tu sei la mia patria.
  • Gianfranco Corletto: Masaccio e la resistenza fra Brenta e Piave, Vicenza, Neri Pozza, 1965
  • Egidio Ceccato: Primo Visentin: Masaccio, medaglia d'oro al valor Militare, 1992
  • Livio Vanzetto: Maso l'alpino, 1993
  • Flavio Trentin: Primo Visentin Masaccio, Comune di Riese Pio X 2004
  • Egidio Ceccato: Patrioti e Partigiani 2004
  • Egidio Ceccato: La morte del comandante partigiano "Masaccio" delitto senza castigo, Centro Studi Luccini, 2009
  • Monegato Roberto: Masaccio: il tesoro scomparso. Filippi Editore, Venezia 2010
  • Remo Bordin: 1940-1945 : gli anni di guerra a Vidor e nel Quartier del Piave 2011
  • Italo Facchinello: Storia di un uomo, di Ed. Del Noce 2013
  • Piero Del Negro (a cura di), Clariores. Dizionario biografico dei docenti e degli studenti dell'Università di Padova, Padova, Padova University Press, 2015.
  • Antonio Serena: Benedetti assassini, Ritter, Milano, 2015
  • Luca Nardi: Storie di guerra: Valdobbiadene e dintorni dal gennaio 1944 all'eccidio del maggio 1945, 2016
  • Benito Gramola: Monte Grappa, tu sei la mia patria, 2020
  • Sergio Bernardi: L'anima nera della balena bianca, 2021

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