François Rabelais

«Io penso che vi siano oggidì parecchi imperatori, re, duchi, principi e papi su questa terra, i quali sono discesi da miserabili accattoni e da facchini…[1]»

François Rabelais

François Rabelais (AFI: [fʁɑ̃'swa ʁa'blɛ]; Chinon, 1483 o 1494Parigi, 9 aprile 1553) è stato uno scrittore, umanista, medico e frate francescano francese.

Considerato uno dei più importanti protagonisti del rinascimento francese, Rabelais è noto soprattutto per il Pantagruel (1532) e il Gargantua (1534).

Tra gli umanisti più noti del XVI secolo, lo scrittore francese riprende e rinnova alcuni dei temi e delle figure letterarie che furono già di Luigi Pulci e di Teofilo Folengo, arricchendoli con una straordinaria inventiva linguistica in larga parte attribuibile alla sua cultura di intellettuale del Rinascimento, cultura assai varia e tutt'altro che superficiale. L'opera di Rabelais verrà inserita nell'Index Librorum Prohibitorum e incorrerà più volte nelle aspre censure della Sorbona.

È considerato dalla critica, in particolare dopo il saggio di Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare (trad. it. 1979), come il maggior esponente di quel particolare filone della cultura rinascimentale definito come anti-classicismo o anti-rinascimento, che rifiutando le norme tematiche e linguistiche dei generi "alti" come la lirica amorosa petrarchista o l'epica cavalleresca, sceglie invece come argomento tutto ciò che è "basso", come il corpo e le sue funzioni, il cibo, il vino, il sesso, contraddistinguendosi, sul piano linguistico, per una grande ricchezza e creatività verbale.

Illustrazione di Gustave Doré (1854)[2]
"Allora, sorridendo, sbottonò la sua bella braghetta e dimenando la mentula in aria li scompisciò così copiosamente da annegarne duecentosessantamila quattrocento diciotto, senza contare le donne e i bambini".[3]

François Rabelais nacque a Devinière, nei pressi di Chinon, nell'antica provincia francese della Turenna (oggi compresa nell'odierna regione francese del Centro-Valle della Loira), in una data imprecisata, probabilmente nel 1483 o nel 1494, figlio di Antoine Rabelais, siniscalco e avvocato originario di Lerné.

A proposito della data di nascita di Rabelais, John Ulric Nef ha scritto che se gli eruditi a lui contemporanei non riuscirono a stabilirla forse lo stesso Rabelais non la conosceva.[4] Lucien Febvre nel suo libro Le problème fe l'incroyance au XVI siècle, ou la religion de Rabelais, ha scritto «che non doveva essere cosa abituale a quell'epoca sapere la propria età»[5] Il sociologo Franco Ferrarotti inserisce questo dato di fatto nella scansione del tempo del mondo contadino, nel ritmo naturale scandito «dalle stagioni, dal carattere del clima, dal tipo di condizioni atmosferiche»[5] e inserisce ciò nella storia della cultura citando Giambattista Vico che «sbaglia la data di nascita nella sua Autobiografia».[5] Per quanto riguarda il senso del tempo, quindi, il conflitto tra mondo contadino e mondo industrializzato è insanabile. Marx ad esempio, era «esacerbato soprattutto nei confronti dei contadini francesi che durante la rivoluzione del 1848- 49 sostennero il regime conservatore di Napoleone III».[6]

Secondo Bruneau de Tartifume (1574-1636), intorno al 1510 è novizio nel convento dei francescani de La Baumette, vicino alla rocca di Chanzé a Angers, ricevendo dunque una formazione teologica. Più tardi trasferito al convento dei francescani di Puy-Saint-Martin a Fontenay-le-Comte, vi prenderà i voti nel 1520. A seguito dei commenti di Erasmo, nel 1524 la Sorbona proibiva lo studio del greco, che avrebbe potuto comportare esami critici dei Vangeli. Nel 1528 Rabelais abbandona l'abito e il 17 settembre 1530 si iscrive alla facoltà di Medicina di Montpellier, superando il baccalaureato il 1º novembre dell'anno successivo.[7] Nel 1532 si trasferisce a Lione e pubblica Pantagruel con lo pseudonimo di Alcofribas Nasier (anagramma di François Rabelais). Scrive una lettera a Erasmo nella quale se ne dichiara figlio, per avere voluto riconciliare il pensiero pagano con quello cristiano, costruendo quello che viene definito umanesimo cristiano.

Dopo il successo della prima opera nel 1534 esce Gargantua sotto lo stesso pseudonimo.

Il 17 gennaio 1536 una lettera di Paolo III lo autorizza a scegliere un monastero benedettino nel quale esercitare la medicina senza praticare operazioni chirurgiche.

Fra il 1539 e il 1542 vive a Torino in qualità di medico e segretario di Guilliaume Du Bellay, fratello del cardinale Du Bellay e governatore francese della città[8].

Nel 1542 pubblica a Lione, presso Juste, Gargantua e Pantagruel, testo definitivo corretto dall'autore, condannato l'anno seguente (1543) dalla Facoltà di Teologia della Sorbona.

Il 19 settembre 1545 ottiene il privilegio reale per la stampa del Terzo libro (le indagini di Panurge sul matrimonio) uscito nel 1546. Alla condanna della Sorbona si ritira a Metz, presso Étienne Laurens, ed è nominato medico della città.

Nel 1548 vengono pubblicati undici capitoli del Quarto Libro (I viaggi immaginari di Pantagruel e Panurge), la cui versione integrale uscirà solo nel 1552.

Il 6 agosto 1550 ottiene un "privilegio di edizione" per tutte le sue opere, con l'interdizione a chiunque di stamparle o modificarle senza il suo consenso.

Nel 1551 gli viene attribuita la cura della parrocchia di Saint-Martin a Meudon. Il 1º marzo 1552 il Quarto libro è censurato dai teologi della Sorbona.

Il 7 gennaio 1553 Rabelais si dimette da parroco. Muore a Parigi nell'aprile del 1553 e viene sepolto nel Cimitero di Saint-Paul-des-Champs.

Nel 1562 viene pubblicato l'Isle Sonnante, comprendente sedici capitoli del Quinto Libro. La pubblicazione integrale del libro avverrà nel 1564, anche se l'attribuzione a Rabelais fu in seguito contestata.

A Rabelais è intitolato l'asteroide 5666 Rabelais.

Analisi dell'opera

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Il corpo in Rabelais

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Rabelais spesso descrive le parti basse del corpo, per fare una parodia della tradizione letteraria medievale che imponeva alla descrizione fisica "leggi severe", testimoniate dalle arti poetiche. Rabelais, contro la tradizione, riprende i principi in ordine inverso, descrivendo cioè il corpo a partire dal basso, cioè dal "ventre", "il membro", le "palle", "le gambe", "il naso", "le orecchie". Attraverso questa parodia, Rabelais afferma il posto e l'importanza del corpo umano nell'Universo. Nel porre in essere questa parodia della poetica medievale che dà luogo a un'abbondanza descrittiva, assistiamo all'elogio del corpo umano in un contesto proprio del Rinascimento che afferma il posto centrale dell'uomo e della sua dignità, come già affermato da Pico della Mirandola (Fonte: La représentation du corps dans les textes narratifs de la première moitié du XVIe siècle, di Masataka Ishibashi, pp. 5-6: https://tel.archives-ouvertes.fr/tel-01566275/document)

Il comico in Rabelais

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«Rabelais, grandissimo scrittore comico, non è quasi mai burlesco nel senso storicamente accettato del termine (…) Il suo comico si fonda su una acutissima, fulminea e assolutamente spregiudicata osservazione della realtà, per cui un tratto del suo personaggio, un'inflessione della voce, un tic verbale, diventa rivelatore d'un carattere, o di un tipo, e di tutto un mondo da esso rappresentato[9]»

La religione in Rabelais

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«Verissimo che la satira più grossolana e divertita dei costumi degli ecclesiastici e specie dei monaci è da considerarsi schietta eredità medievale; troppi passi però ci dicono chiaramente che la spingeva fino all'assoluta negazione d'ogni utilità della vita conventuale, la stessa tesi che sarà sostenuta (…) da Diderot e da Voltaire.[9]»

Abel Lefranc, autore di un'edizione critica di Rabelais nel XX secolo sostiene la tesi dell'ateismo, basandosi su passi del Calvino nel Des scandales (1550) e nella prefazione di Robert Estienne al vangelo secondo Matteo (1553).

La tesi inversa fu sostenuta nel 1924 dal teologo cattolico Étienne Gilson[10] e da Lucien Febvre ne Le problème de l'incroyance au XVIe siècle, la religion de Rabelais (1942)[11]. Per quest'ultimo le accuse di ateismo nei confronti di Rabelais non dovrebbero essere interpretate alla luce del razionalismo moderno ma collocate nel contesto dell'epoca.

Discorsi dei bevitori

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"Quando bevo penso e quando penso bevo".

Fra' Giovanni

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«Durante il banchetto, frà Giovanni si rivolge ai pellegrini: "E i monaci, come se la passano? Corpo di Dio! Certo stan facendo la festa alle vostre donne, mentre voi ve ne andate pel mondo a fare i pellegrini!"
"Ché, ché" disse Gambastanca "della mia io non ho paura, perché chi la vedrà di giorno certo non si romperà il collo per andarla a trovare di notte"
"No, caro, sbagli la briscola" ribatté frà Giovanni. "Potrebb'essere più brutta di Proserpina[12], ma avrà sempre, perdio, la sua ripassata[13], finché ci sono dei frati nei dintorni: com'è vero che un buon artigiano sa mettere in opera tutto quel che gli viene alle mani. Che mi venisse la peste se non è vero che le troverete tutte gravide quando tornate a casa: perché dovete sapere che anche soltanto l'ombra del campanile di un'abbazia è feconda."»

L'immagine di campanile con il significato di fallo è l'ultima: «anche soltanto l'ombra del campanile di un'abbazia è feconda».

Fonti e genesi

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Rabelais, per scrivere i suoi primi testi, si ispira direttamente al folklore e alla tradizione orale popolare. Nel 1534 viene pubblicato a Lione Grandes et inévitables chroniques de l'énorme géant Gargantua, una raccolta anonima di racconti popolari in forma epica e comica. Questi racconti a loro volta derivano dal romanzo cavalleresco del Medioevo, in particolare dal ciclo arturiano. La raccolta ottiene un notevole successo.

Rabelais si mette a scrivere un testo che riprende la trama narrativa delle Chroniques raccontando la storia di Pantagruel, figlio di Gargantua.[senza fonte] Pantagruel ha quindi le sue radici nella tradizione popolare.

Forte del successo di Pantagruel, Rabelais inizia a riscrivere a suo modo la storia di Gargantua e allontanandosi dalle fonti popolari iniziali, descrive un Gargantua letterariamente molto più segnato dall'umanesimo del suo predecessore.

Non è arbitrario parlare di "surrealismo", di utilizzo dell'assurdo, e di una incongruenza verbale dilatata a proporzioni smisurate. Il punto di partenza delle interminabili sfilze di vocaboli che interrompono la narrazione, siano elenchi di giochi[14], cibi e bevande[15] o vezzeggiativi di organi maschili[16] nasce dal

«gusto della dismisura…in cui confluiva l'ingenua pompa di ricchezza lessicale che fu tipica degli umanisti…e ancora nel preciso disegno di imitare il ciarlatanesco espediente dello stupire l'ingenuo ascoltatore con improvvisi torrenti di parole più o meno arbitrarie, nonché nella tradizione medievale e specialmente studentesca, sfruttando a fondo il divario tra significato originario e quello metaforico invalso nell'uso comune "arrivando" a procedimenti ed effetti che sono senz'altro quelli del nostro surrealismo. E ciò con risultati curiosamente poetici[17]»

Al divertimento dell'enumerazione delle incredibili proporzioni dei giganti alterna una satira grave ma allo stesso tempo leggera, e anche la straordinaria

«insistenza nei lazzi scurrili o nei particolari più bassamente materiali della nostra vita animale, come il ricorso incessante ai giochi di parole più ingenui e fanciulleschi…sono avvertimenti continui della ostinata battaglia contro ogni degenerazione del serio nel serioso, ogni travestimento pedantesco[17]»

In Rabelais tutta una scatologia degli equivoci osceni più inaspettati e magari tirati per i capelli, dei motti e gesti grottescamente volgari usati per tanti secoli a colpo sicuro dai ciarlatani sulle piazze, resta insistentemente estemporanea, popolare e bonariamente familiare.[17]

Influenza culturale

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A Rabelais è intitolato il cratere Rabelais su Mercurio[18].

  1. ^ Pantagruel, Libro Primo, Cap. I, p.1
  2. ^ Libro Primo, Cap. 17, Scan.
  3. ^ Libro Primo, Cap. 17, Testo
  4. ^ John Ulric Nef, La naissance de la civilisation industrielle et le monde contemporain, Paris, Armand Colin, 1954, p. 18.
  5. ^ a b c Franco Ferrarotti, Idee per la nuova società, Vallecchi editore, Firenze, terza edizione, 1966
  6. ^ Werner Rösener, I contadini nella storia d'Europa, Bari, Laterza, 2008, p. 8, ISBN 978-88-420-8791-5.
  7. ^ Le opere di Galeno in quel periodo sono l'autorità e sono soprattutto conosciute nella loro edizione incompleta in latino del 1490. Nel 1525 vengono pubblicate nella lingua del manoscritto, il greco. All'epoca di Galeno il diritto romano proibiva la dissezione dei cadaveri umani, quindi l'anatomia si affidava all'osservazione delle scimmie o dei maiali per capire gli organi interni.
  8. ^ Mireille Muchon, Chronologie, in F. Rabelais, Œuvres complètes, NRF, 1994
  9. ^ a b Gargantua e Pantagruele, M. Bonfantini, prefazione all'edizione Einaudi, 1953.
  10. ^ De la Bible à François Villon: Rabelais Franciscain ("Dalla Bibbia a François Villon: Rabelais francescano").
  11. ^ ("Il problema della miscredenza nel XVI secolo, la religione di Rabelais").
  12. ^ Rabelais l'immagine della deforme Proserpina regina degli inferi non ha un riferimento antico, si riferisce invece alla «madre dei diavoli» delle diableries medievali
  13. ^ Questa metafora per l'atto sessuale è resa nell'originale francese con il termine saccade, preso dal campo dell'equitazione
  14. ^ Gargantua e Pantagrule Libro Primo, (La molto orrorifica vita del grande Gargantua padre di Pantagruele. Libro pieno di Pantagruelismo.) Cap. XXII
  15. ^ Gargantua e Pantagruele Libro Quarto (Dei fatti e detti eroici del nobile Pantagruele), Cap. LIX - LX.
  16. ^ Gargantua e Pantagruele Libro Terzo, (Dei fatti e detti eroici del buon Pantagruele) Cap. XXVI
  17. ^ a b c Gargantua e Pantagruele, a cura di M. Bonfantini, prefazione, Einaudi Torino 1953.
  18. ^ (EN) Rabelais, su Gazetteer of Planetary Nomenclature. URL consultato il 28 dicembre 2015.
  • Michail Michajlovič Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino 1979 (1ª ed.) e 2001 (ed. or. Tvorčestvo Fransua Rable i narodnaja kul'tura Srednevekov'ja i Renessansa, Izdatelst'vo «Chudožestvennaja literatura», Moskva 1965)
  • Gargantua e Pantagruele, a cura di M. Bonfantini, prefazione, Einaudi Torino, 1993
  • Filippo Alfano, Rabelais il libero pensatore, Roma, Istituto di Studi "Lino Salvini" Firenze, 1996, ISBN 88-8126-052-2.
  • Scalamandrè R., Rabelais e Folengo e altri studi sulla letteratura francese del '500, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1999.

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