Raid di al-Khisas
Raid di al-Khisas strage | |
---|---|
Data | 18 dicembre 1947 |
Luogo | al-Khisas |
Stato | Mandato di Palestina |
Coordinate | 33°13′31″N 35°37′10″E |
Obiettivo | civili arabi |
Responsabili | Palmach (Haganah) |
Motivazione | vendetta per l'uccisione di un ebreo |
Conseguenze | |
Morti | 12 |
Il raid di al-Khisas ebbe luogo nella Palestina mandataria il 18 dicembre 1947, vicino al confine siriano, e fu effettuato dai miliziani sionisti del Palmach.[1][2][3]
Eventi
[modifica | modifica wikitesto]L'incursione fu eseguita dal Palmach, un gruppo paramilitare sionista dell'Haganah, per vendicarsi di una sparatoria in cui un passeggero su un carro trainato da cavalli di un vicino kibbutz è stato ucciso quel giorno.[2] Secondo il quotidiano online palestinese al-Watan, i Palestinesi avevano reagito all’uccisione di cinque operai arabi da parte di tre "sionisti" accoltellando uno degli assalitori.[3]
Il comandante della brigata Labanouni e vicecomandante del 3º battaglione Palmach Moshe Kelman, che era di stanza ad Atlit, ricevette la notizia e si recò sul luogo dell'incidente.[3] Il comandante del battaglione Mola Cohen, chiese un'operazione di ritorsione contro il villaggio di Al-Khasas, senza dimostrare che gli abitanti fossero effettivamente i responsabili.[3] I comandanti locali del Palmach presumevano erroneamente che la sparatoria fosse ordita da un nucleo ad al-Khisas. La logica seguito in quel momento dai miliziani ebrei era che "se non ci fosse stata una reazione all'omicidio, gli arabi avrebbero interpretato questo come un segno di debolezza e un invito a ulteriori attacchi".[2]
L'Alto Comando dell'Haganah approvò quindi un attacco rivolto solo contro gli uomini e l'incendio di alcune case e Moshe Kelman consegnò l'ordine alla brigata.[2][3] Il raid provocò la morte di 12 residenti arabi di al-Khisas, tra cui 4 bambini.[2][3]
Reazione
[modifica | modifica wikitesto]L'Haganah inizialmente negò il massacro, ma fu in seguito ammesso da un suo portavoce.[3] La leadership ebraica dell'epoca criticò aspramente l'attacco.[2] A gennaio, il capo dell'Agenzia ebraica David Ben Gurion valutò il caso assieme al generale Moshe Dayan.[3] Nel 1948, l'arabista Nachum Horowitz, residente di Kfar Giladi e noto per le sue relazioni positive con gli Arabi locali, si recò a Tel Aviv per incontrare Ben Gurion e la leadership israeliana e chiedere loro di processare e punire i comandanti del Palmach per il raid, ma la condanna non avvenne.[1]
Tre settimane dopo, le forze arabe attraversarono il confine siriano ed effettuarono un attacco di rappresaglia contro il kibbutz Kfar Szold, ma subirono pesanti perdite e furono respinte. Gli eventi portarono a un'escalation di violenza che si diffuse rapidamente nella regione dell'Alta Galilea.[1][2]
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Meron Benvenisti, Sacred Landscape: The Buried History of the Holy Land Since 1948, University of California Press, 2000, ISBN 9780520211544.
- Uri Ben-Eliezer, War over peace: one hundred years of Israel's militaristic nationalism, 2019, ISBN 978-0-520-97305-3.