Sally Mann

Sally Mann

Sally Mann (Lexington, 1º maggio 1951[1]) è una fotografa statunitense, nota soprattutto per le sue grandi fotografie in bianco e nero.[2]

Vita personale

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Mann è la terza di tre figli. Suo padre, Robert S. Munger, era un medico generico, mentre la madre, Elizabeth Evans Munger, gestiva la libreria nella Washington and Lee University di Lexington. Mann si diploma presso la Putney School nel 1969, e frequenta il Bennington College e il Friends World College. Ottiene il grado di B.A. (Bachelor of Arts) summa cum laude, presso l'Hollins College (ora Hollins University) nel 1974 e il M.F.A. (Master of Fine Arts) in scrittura creativa nel 1975.

Si dedica alla fotografia a Putney, per, afferma lei, avere modo di stare sola nella camera oscura con il suo ragazzo di allora. Fa il suo debutto fotografica a Putney, con un'immagine di un compagno di classe nudo. Il suo interesse verso la fotografia è incentivato da suo padre.[3] Proprio la macchina fotografica 5x7 del padre diventa la base dell'uso di macchine fotografiche di grande formato che fa oggi.

Dopo il diploma, Mann lavora come aiuto fotografo alla Washington and Lee University. Verso metà degli anni 70 Mann fotografa la costruzione della loro nuova Lewis Law Library, arrivando alla sua prima mostra personale alla fine del 1977 presso la Corcoran Gallery of Art a Washington. Quelle stesse surrealistiche immagini sono state successivamente incluse come parte del suo primo libro, Second Sight, pubblicato nel 1984.

La sua seconda collezione, At Twelve: Portraits of Young Women fu pubblicata nel 1988.

Mann è probabilmente meglio conosciuta per la sua terza collezione Immediate Family, pubblicata nel 1992.[3][4] Il libro fu al centro di varie controversie per le immagini di nudi di bambini,[2] un problema comune a altri artisti relativo all'interpretazione delle leggi contro la pornografia e la pedopornografia.[1][5][6]. Le proteste sono continuate a distanza di decenni, fatto che ha spinto l'artista ad esempio a selezionare con cura le foto in mostra nel 2010 presso il Musée de l'Elysée di Losanna.[1]

Il suo quarto libro, Still Time, pubblicato nel 1994, è bastato sul catalogo delle mostre itineranti che ricoprono più di 20 anni della sua fotografia. Le 60 immagini includono perlopiù fotografie dei suoi figli, ma anche i primi paesaggi.

Gli anni recenti

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A metà degli anni 90, Mann comincia a fotografare paesaggi su una lastra di collodio umido 8x10, e ancora usa la stessa macchina fotocamera 8x10 ormai vecchia di 100 anni. Questi paesaggi sono dapprima pubblicati in Still Time e più tardi in due mostre presentate dalla Edwynn Houk Gallery a NYC.

Il quinto libro, What Remains, pubblicato nel 2003, è basato sulla mostra dallo stesso nome alla Corcoran Gallery of Art a Washington.

Il suo sesto libro, Deep South, pubblicato nel 2005, con 65 immagini in bianco e nero, include paesaggi fotografati tra il 1992 e il 2004 usando sia la pellicola classica 8x10 sia la tecnica del collodio umido. Queste fotografie sono state descritte come "paesaggi del sud abitati da fantasmi, campi di battaglia, palazzo in rovina, paesaggi avvolti nel mistero e il posto dove Emmett Till fu ucciso." Newsweek lo segnala come lettura consigliata per la stagione estiva, dicendo che Mann “si avvicina direttamente a ogni stereotipo del Sud nel libro e demolisce sottilmente ognuno creando indelebili, inquietanti immagini che stanno sospese da qualche parte tra documento e sogno." I suoi attuali progetti includono una serie di autoritratti, uno studio degli effetti della distrofia muscolare di suo marito, ritratti intimi della vita privata di famiglia lungo gli ultimi 30 anni, e uno studio composto da più parti riguardante l'eredità della schiavitù in Virginia

Mann ha tre figli: Emmett (che non è stato chiamato così come il fotografo Emmett Gowin) nato nel 1979, Jessie (anche lei un'artista, fotografa e modella) nata nel 1981 e Virginia nata nel 1985.[7] Mann vive in una fattoria in Virginia con suo marito, Larry.[3] Lui è un avvocato a tempo pieno ed è affetto da distrofia muscolare. Mann è appassionata di corse di cavalli di resistenza. Mann è al momento rappresentata dalla Gagosian Gallery di New York City.

Riconoscimenti

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  • I suoi lavori fanno parte delle collezioni permanenti del Metropolitan Museum of Art, della Corcoran Gallery of Art, del Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, del Museum of Fine Arts di Boston, del San Francisco Museum of Modern Art e del Whitney Museum di New York, oltre a molti altri
  • Il Time magazine nomina Mann "America's Best Photographer" nel 2001. Alcune foto che Mann ha scattato appaiono per due volte sulla copertina del New York Times Magazine: prima, una fotografia dei suoi tre figli per il numero del 27 settembre 1992, corredata da un servizio speciale sul suo "disturbing work", e poi una seconda volta il 9 settembre 2001, con un autoritratto (che include anche le sue due figlie) per il tema del numero dedicato alle "Donne che guardano le Donne".
  • Sally Mann è stata il soggetto di due film documentari, entrambi diretti da Steve Cantor. Il primo Blood Ties, debutta al Sundance Film Festival del 1994 ed è stato nominato per un Academy Award come miglior documentario. Il secondo, What Remains,[1] è stato premiato al Sundance Film Festival nel 2006 ed è stato nominato per un Emmy come miglior Documentario nel 2008. Nella recensione del New York Times, Ginia Bellafante scrive "è uno dei più raffinati, profondi documentari apparsi in tv di recente, non solo riguardo all'evoluzione di un artista, ma anche al matrimonio e alla vita".
  • La Mann ha ricevuto il titolo onorario di Doctor of Fine Arts dal Corcoran Museum nel maggio 2006.
  • Nel 2012 è stata nominata membro onorario della Royal Photographic Society.[8]

Pubblicazioni

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  1. ^ a b c d (FR) Michel Guerrin, Sally Mann, ses enfants, ses enfers, in New York Times, 26 aprile 2010.
  2. ^ a b (EN) James Christen Steward, The camera pof Sally Mann and the spaces of childhood, in Elizabeth Goodenough (a cura di), Secret Spaces of Childhood, University of Michigan Press, 2003, p. 204-205, ISBN 9780472068456.
  3. ^ a b c (EN) Diane Mehta, Sally Mann Interviewed by Diane Mehta, su nationalbook.org, febbraio 2016.
  4. ^ (EN) Michael Auping, Andrea Karnes e Mark Thistlethwaite (a cura di), Modern Art Museum of Fort Worth 110, Third Millennium Information Ltd, 2002, p. 259, ISBN 9781903942147.
  5. ^ (EN) Joan Kee, Models of Integrity: Art and Law in Post-Sixties America, University of California Press, 2019, p. 163-164, ISBN 9780520299382.
  6. ^ (EN) Carole Naggar, Sally Mann’s Dark Diary of the South, su nybooks.com, 27 ottobre 2018.
  7. ^ (EN) Richard B. Woodward, The Disturbing Photography of Sally Mann, in New York Times, 27 settembre 1992.
  8. ^ (EN) Honorary Fellowships (HonFRPS), su rps.org. URL consultato il 14 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 27 gennaio 2017).

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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