Partito Liberale Italiano

Partito Liberale Italiano
Simbolo in uso dal 1949 al 1979
LeaderGiovanni Giolitti
Alberto Giovannini
Benedetto Croce
Luigi Einaudi
Roberto Lucifero
Manlio Brosio
Bruno Villabruna
Gaetano Martino
Giovanni Malagodi
Valerio Zanone
Renato Altissimo
Presidentevedi sezione
Segretariovedi sezione
StatoItalia (bandiera) Italia
SedeVia Frattina, 89 - 00187 Roma
AbbreviazionePLI
Fondazione8 ottobre 1922
Derivato daUnione Liberale
Dissoluzione6 febbraio 1994
Confluito in
IdeologiaLiberalismo[1]
Liberismo[2]
Liberalismo conservatore[3][4]
Anticomunismo[5]
Antifascismo (dopo il 1924)[6]
prima del 1946 anche:
Monarchismo[7]
CollocazioneCentro[8]/Centro-destra[9][10][11][12]
CoalizioneLista Nazionale (1924)
Comitato di Liberazione Nazionale (1944-1947)
Unione Democratica Nazionale (1946)
Blocco Nazionale (1948)
Centrismo (1947-1960)
Pentapartito (1980-1991)
Quadripartito (1991-1994)
Partito europeoLDE-ELD
Gruppo parl. europeoGruppo del Partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori
Affiliazione internazionaleInternazionale Liberale
Seggi massimi Camera
39 / 630
(1963)
Seggi massimi Senato
18 / 315
(1963)
Seggi massimi Europarlamento
3 / 81
(1979)
Seggi massimi Consigli regionali
27 / 690
(1970)
TestataRisorgimento Liberale (1943-1948)
L'Opinione (1976-1994)
Organizzazione giovanileGioventù Liberale Italiana
ColoriBlu

Il Partito Liberale Italiano (PLI) è stato un partito politico italiano, fondato sull'impostazione liberale, liberista e laica dello Stato, che rappresentava idealmente la tradizione moderata del Risorgimento, erede dell'Unione Liberale, o anche Partito Liberale Costituzionale (o Destra storica), che aveva avuto in Camillo Benso di Cavour il massimo rappresentante.

Fondato da Emilio Borzino, a Bologna, l'8 ottobre 1922, assunse un atteggiamento di collaborazione con il governo fascista fino al delitto Matteotti del 1924. Il PLI fu poi sciolto dal regime fascista assieme alle altre organizzazioni politiche nel 1926, per essere ricostituito nell'estate del 1943, per iniziativa di Benedetto Croce e Luigi Einaudi[13]. Una componente più giovanile e riformatrice intorno a Nicolò Carandini e Leone Cattani fuoriuscì dal partito nel 1948 e si organizzò nel Movimento Liberale Indipendente, che si sciolse nel 1951 e divenne il nucleo del nuovo PLI di Roma. Si è sciolto nel 1994, dando vita a numerose formazioni ed alla diaspora liberale nel panorama politico italiano.

Il PLI svolse un ruolo modesto nel panorama politico italiano, a causa di un limitato consenso elettorale ma riuscì lo stesso a esprimere i primi due presidenti della Repubblica Italiana: Enrico De Nicola e Luigi Einaudi.

Al suo interno vi fu a lungo un contrasto alquanto acceso tra le varie correnti, in particolare nel primo decennio del dopoguerra.

Caratterizzato dal liberalismo riformatore di Croce, si spostò successivamente su posizioni conservatrici, in particolare sotto la segreteria di Roberto Lucifero (1947-48). Riportato sulla linea di centro laico dal suo successore Bruno Villabruna, ebbe una nuova modifica del suo indirizzo politico verso posizioni liberiste sotto la segreteria di Giovanni Malagodi dal 1954.

La componente minoritaria di sinistra legata agli spunti culturali del giornale Il Mondo, diretto da Mario Pannunzio, già uscita una prima volta nel 1948 (costituendo il MLI), salvo tornare al Convegno per l'unificazione delle forze liberali di Torino nel 1951, assunse un'opposizione intransigente a Malagodi e si distaccò definitivamente dal PLI nel 1955 per fondare il Partito Radicale, che non ebbe successo elettorale.

Sotto la leadership di Malagodi il PLI si distinse per la sua opposizione ai governi di centro-sinistra, rifiutando nello stesso tempo ogni compromesso con la destra estrema del MSI e con la destra dei monarchici. Solo nel 1972 ritornò ad un governo[14] centrista guidato da Giulio Andreotti, con Malagodi ministro del Tesoro. Dopo il declino di questa politica, nel 1976 il partito subì una nuova correzione dell'indirizzo politico verso sinistra, guidata dal nuovo segretario Valerio Zanone. Partecipò negli anni ‘80 a numerosi governi pentapartitici, fino al suo scioglimento nel 1994.

A livello internazionale il PLI è stato tra i fondatori dell'Internazionale Liberale nel 1947 ed è sempre stato membro dei Gruppi Liberali e Democratici Europei.

Il movimento liberale dopo l'Unità d'Italia

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Lo stesso argomento in dettaglio: Cavour, Destra storica e Sinistra storica.

Le forze politiche liberali furono le protagoniste del processo che si compì nel 1861 e che condusse all'Unità d'Italia in alleanza con la Monarchia di Casa Savoia. La natura estremamente elitaria del nuovo Stato italiano fece sì che l'intero Parlamento divenisse praticamente espressione di tale ideologia politica, seppur suddivisa fra una fazione rigidamente conservatrice, e un'altra più progressista e innovatrice. Quest'assoluto predominio, unito ai fenomeni di trasformismo che ben presto caratterizzarono la politica nazionale, impedirono la costituzione di un partito vero e proprio. I liberali diedero vita a molti governi, tra i quali quello di Cavour, di Giuseppe Zanardelli e di Giovanni Giolitti.

La breccia di Porta Pia nel 1870, e il conseguente insorgere della Questione romana, scavarono un solco profondissimo fra i liberali più intransigenti e cavouriani, i quali tenevano molto al concetto di "Libera Chiesa in libero Stato", e il mondo cattolico, spingendo quest'ultimo all'opposizione del regime sabaudo e dell'ordine politico vigente.

Giovanni Giolitti, erede della tradizione liberale e monarchica, promosse per primo un accordo con i cattolici tradizionalisti (Patto Gentiloni), in seguito all'approvazione, nel 1912, della riforma elettorale che introduceva il suffragio universale, anche se solo maschile. Giolitti aveva promesso ai socialisti di Leonida Bissolati e Filippo Turati la riforma elettorale in cambio del loro appoggio alla guerra italo-turca[senza fonte]. Fino ad allora nel Regno d'Italia il suffragio era stato ristretto a una base elettorale esigua.

Dopo la riforma, il suffragio elettorale allargato, che concedeva il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto i 21 anni, indipendentemente dal censo, portò l'azione istituzionale giolittiana ad occupare lo spazio tra il centro dello schieramento politico italiano e le posizioni liberali di sinistra.

Su tali basi la lista giolittiana, che comprendeva anche candidati cattolici, ottenne nelle Elezioni politiche italiane del 1913, le prime a suffragio universale maschile, una schiacciante vittoria elettorale ai danni dei socialisti, dei repubblicani e dei radicali con il 51 % dei voti espressi e, su 508 seggi, 260 eletti.

La fase costituente del PLI

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Giovanni Giolitti

L'introduzione del sistema proporzionale nel 1919 e il conseguente trionfo dei partiti di massa socialista e popolare costrinse anche i liberali a cominciare a porsi il problema di più stabili forme organizzative.

Il Partito Liberale si costituì in vero e proprio partito nel 1922, non più come comitato elettorale, ma in maniera più strutturata. Lo slogan era: "Organizzarsi o morire".[15] Il Partito Liberale così riorganizzato, con Giovanni Giolitti, Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando, continuò tuttavia ad essere più un punto di riferimento aperto che un partito monolitico in grado di proporsi al paese come la sola espressione della rappresentanza politica liberale. Di fronte all'ascesa del fascismo, i liberali chiesero un ritorno alle norme statutarie ossia al governo del re,[16] e in molti casi collaborarono all'instaurazione del nuovo regime totalitario, sia a livello centrale dove molti esponenti entrarono nel Governo Mussolini all'indomani della Marcia su Roma, sia a livello locale.

Il movimento mussoliniano veniva infatti visto come argine all’ascesa del movimento operaio e delle forze popolari in generale, tanto che In vista delle elezioni del 1924 parecchi liberali accettarono di entrare nel Listone Mussolini, da Orlando a Salandra a De Nicola, con l’importante eccezione di Giovanni Giolitti. In seguito al Delitto Matteotti e ai decreti che eliminavano la libertà di stampa, il partito prese le distanze dal fascismo durante il II Congresso di Livorno, seppur con rilevanti defezioni al proprio interno.[17] L'avvento della dittatura comportò lo scioglimento di tutti i partiti all'infuori del PNF, ma un numero limitato di liberali trovò un modus vivendi con il regime.

D'altra parte, il più importante tra gli intellettuali liberali, il filosofo e storico Benedetto Croce, che nel 1922 aveva giustificato il fascismo come esigenza temporanea per ridare ordine, divenne un convinto antifascista dal 1924: per tutto il ventennio, in Italia e all'estero, egli diede vita all'opposizione morale e intellettuale alla dittatura, in nome della "religione della libertà" e del richiamo al Risorgimento nazionale: un'opposizione che, per il grande prestigio internazionale del filosofo ma soprattutto per il suo seggio da senatore a vita, il fascismo fu costretto a tollerare, almeno fino a un certo segno, lasciandogli continuare liberamente i suoi studi, ma senza fare propaganda politica attiva dopo il 1925.[18] Fu in quell'anno che Croce redasse il Manifesto degli intellettuali antifascisti.

La ricostituzione del PLI

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Benedetto Croce
Luigi Einaudi

Dopo il 25 luglio 1943, alcuni esponenti politici liberali ripresero a partecipare all'attività politica in nome del Partito Liberale, sulla base del proprio prestigio personale prima ancora che il partito fosse formalmente ricostituito. Sorse così il desiderio e l'esigenza di rifondare il Partito Liberale sciolto dal fascismo.

Alcuni, come ad esempio Leone Cattani, Nicolò Carandini e Mario Pannunzio, iniziarono, dopo l'8 settembre 1943, a pubblicare in clandestinità un periodico, il Risorgimento Liberale. Dopo la liberazione della capitale, Risorgimento Liberale diventò l'organo ufficiale dell'embrione di partito che andava ricostituendosi. Per analogia con gli altri partiti a base ideologica, venne coniato il termine Partito Liberale Italiano. Rimase sempre forte il senso di continuità storica con il partito precursore e la fase costituente del PLI fu vista e vissuta essenzialmente come la riorganizzazione del Partito Liberale.

L'attività politica in questa fase iniziò a prendere forme sempre più consistenti con l'adesione al progetto della ricostituzione liberale da parte di alcuni esponenti storici del liberalismo italiano come Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Vittorio Emanuele Orlando, Alessandro Casati e Marcello Soleri, oltre che di esponenti più giovani come Manlio Brosio.

Grazie soprattutto a Leone Cattani, Alessandro Casati e Marcello Soleri, il Partito Liberale partecipò alla formazione e all'attività del CLN. Al sud nel 1944 Benedetto Croce, criticato però da Nicolò Carandini e Mario Pannunzio, fu ministro senza portafoglio nel secondo governo Badoglio in rappresentanza dei Liberali. Il Partito Liberale Italiano avviò la sua fase di ricostituzione politica grazie al prestigio di Benedetto Croce e di Vittorio Emanuele Orlando partecipando, in maniera numericamente ridotta, ma efficace per le iniziative di combattimento sostenute, sia alla Resistenza partigiana che ai governi di unità nazionale guidati da Ivanoe Bonomi e Ferruccio Parri. Sempre a nome del ricostituito Partito Liberale fecero parte del Governo Bonomi II: Benedetto Croce, Nicolò Carandini e Alessandro Casati.

Al nord Edgardo Sogno, medaglia d'oro della resistenza e capo dell'Organizzazione Franchi, partecipò al CLNAI in rappresentanza del Partito Liberale. Durante la Resistenza i Liberali parteciparono attivamente alle azioni militari partigiane ed ebbero molti caduti tra le loro file. Molti di essi militarono nelle Formazioni Autonome, i cosiddetti Badogliani.

Sebbene nell'atto costitutivo approvato nel Congresso di Roma (dal 9 aprile al 3 maggio 1946) vi fosse un esplicito riferimento all'epoca giolittiana, il Partito Liberale Italiano (PLI) ebbe una rilevante componente di destra.

Essa mantenne senza equivoci la qualifica di forza antifascista e si attestò su posizioni conservatrici, monarchiche e nazionaliste.

Nel referendum istituzionale per la scelta tra repubblica e monarchia, il PLI si schierò per la monarchia[19]. La stragrande maggioranza dei liberali votò a favore della Monarchia, anche se Croce, successivamente, invitò il PLI a integrarsi e servire fedelmente la Repubblica.

Alle elezioni del 1946 per l'Assemblea Costituente il PLI si alleò col Partito Democratico del Lavoro formando l'Unione Democratica Nazionale, che ottenne il 6,8% dei suffragi e 1.560.638 voti, ottenendo 41 seggi, quarto gruppo dopo democristiani, socialisti e comunisti. Nella stesura della Costituzione l'ideologia liberale fu una delle dominanti insieme a quella cattolica ed a quella marxista. Il liberale Enrico De Nicola fu eletto capo provvisorio dello Stato dall'Assemblea Costituente e in seguito primo Presidente della Repubblica Italiana. Gli succedette un altro liberale, Luigi Einaudi, eletto nel 1948.

Alle elezioni politiche del 1948, il PLI, insieme al Fronte dell'Uomo Qualunque, formò una lista unica: il Blocco Nazionale, che ottenne 1.003.727 voti, pari al 3,82%, conseguendo 19 seggi alla Camera e 10 al Senato.

L'ostilità al centrosinistra

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Giovanni Malagodi

La segreteria di Giovanni Malagodi valorizzò posizioni maggiormente liberiste, vicine agli insegnamenti di Einaudi, sfociate in una durissima opposizione alla nazionalizzazione dell'energia elettrica e in generale alla formula del centro-sinistra. Questa dura contrapposizione alle riforme varate dal nascente Centrosinistra portò ad un sostanziale avanzamento elettorale, nel 1963 i liberali ottennero il miglior risultato dell'epoca repubblicana, con l'elezione di 39 deputati e 18 senatori, raddoppiando la propria rappresentanza parlamentare. Guadagnò voti in tutta Italia, specialmente nel Nord Ovest, zona di maggior influenza liberale, ma comunque in tutto il Nord Italia, a Roma e in Sicilia, dove ottenne più del 10% dei voti.

Il Partito liberale fu uno dei più strenui oppositori della riforma urbanistica ideata dal ministro Fiorentino Sullo e che cercava di limitare gli effetti negativi della speculazione edilizia. In generale, il PLI di Malagodi si presentò come il difensore della proprietà privata, della libera impresa e del risparmio individuale. Avversò quindi anche ogni forma di dirigismo economico e la partecipazione delle imprese dello Stato (le imprese statali) ad attività imprenditoriali di mercato. Grazie a queste posizioni il PLI arrivò a più che triplicare i propri consensi elettorali soprattutto al nord. In particolare il PLI si oppose alle nazionalizzazioni, soprattutto di quella dell'industrie elettriche e all'istituzione delle regioni, viste come inutili forme di dissipazione del denaro pubblico. Il cavallo di battaglia era la lotta agli sprechi della pubblica amministrazione e all'eccessiva tassazione.

Rimasto all'opposizione per tutti gli anni sessanta, il PLI subì poi una crisi elettorale che lo portò a diventare un partito marginale nello scacchiere politico italiano, a causa del forte ostracismo dei partiti del centrosinistra e dello spostamento a sinistra dell'elettorato negli anni settanta. Malagodi durante la sua segreteria mantenne sempre un approccio laico intransigente sulle questioni dal punto di vista morale ed etico, in particolare quando appoggiò il progetto di legge sul divorzio proposto dal deputato liberale Antonio Baslini, insieme al socialista Loris Fortuna, detta appunto Legge Fortuna-Baslini, che segnò l'inizio della stagione dei diritti civili in Italia.

Il PLI tornò nell'area di governo nel 1972, quando entrò nel Governo Andreotti II con l'organica partecipazione di ministri e sottosegretari, l'esecutivo fu anche noto come Governo Andreotti-Malagodi. Lo stesso Malagodi fu Ministro del Tesoro.

Alle elezioni politiche del 1976 il PLI ebbe un significativo calo e la guida del partito passò alla corrente di sinistra favorevole alla collaborazione con i socialisti e in generale al progetto di costruzione di una maggioranza partecipativa tra DC e partiti laici (PLI, PRI, PSI, PSDI). Valerio Zanone fu il nuovo segretario a partire dal 1976 e iniziò gradatamente ad orientarlo verso posizioni diverse dalla sua storia recente (da Malagodi in avanti), richiamando in qualche modo la linea della segreteria di Bruno Villabruna.

L'adesione al pentapartito

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Negli anni ottanta il PLI fu parte integrante del pentapartito, che metteva insieme la Democrazia Cristiana, all'epoca dominata dalle correnti dorotee e quella di Carlo Donat-Cattin (di sinistra, comunque ostile al PCI), il Partito Socialista Italiano, il Partito Socialista Democratico Italiano ed il Partito Repubblicano Italiano, resasi necessaria in seguito alla crisi del vecchio centro-sinistra ed alla maggioranza del Preambolo affermatasi nella DC nel congresso del 1980, favorevole ad un'apertura a sinistra che escludesse i comunisti.

Il liberale Renato Altissimo nei governi Spadolini I, Spadolini II e Fanfani V fu Ministro della Salute e Ministro all'Industria, Commercio e Artigianato nel Craxi I.

La Regione che diede i migliori risultati per il PLI fu inequivocabilmente il Piemonte, e in particolare la provincia di Cuneo, storico feudo elettorale di Giovanni Giolitti, Luigi Einaudi e, nell'ultimo terzo del XX secolo, Raffaele Costa.

Nel 1985 dopo un arretramento elettorale, il vertice nazionale cambiò ancora. Alfredo Biondi e Raffaele Costa diedero vita alla "Costituente Liberale" che portò all'elezione di Alfredo Biondi alla segreteria nazionale. In alcuni comuni pugliesi fu proposto un accordo con il PCI rompendo con la linea nazionale. La nuova alleanza nelle giunte pugliesi fu proposta dal segretario regionale Valentino Stola[20]. Nel 1986 la componente di sinistra elesse segretario Renato Altissimo, che portò il partito all'incremento elettorale delle politiche del 1992. In seguito alle dimissioni di Altissimo, viene eletto segretario Raffaele Costa.

La diaspora liberale

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Partendo da dati elettorali esigui, era inimmaginabile che il PLI potesse resistere al ciclone Tangentopoli.

Sebbene solo sfiorato dalle inchieste di Mani Pulite sul finanziamento illecito ai partiti, si sciolse nel 1994, al pari di altri partiti della Prima Repubblica. Un dibattito furente precedette il XXII congresso che ne sancì ufficialmente lo scioglimento il 6 febbraio 1994. Già nel corso del 1993 alcuni esponenti liberali avevano però tentato di proseguire una presenza concreta sotto nuovi forme e simboli.

Nel giugno 1993 il presidente dimissionario Valerio Zanone aveva costituito l'Unione Liberaldemocratica, un movimento di ispirazione riformista. Analogamente il segretario in carica Raffaele Costa, con a Alfredo Biondi e Stefano De Luca, sempre nel giugno 1993, aveva fondato l'Unione di Centro, inteso a raggruppare attorno a sé l'elettorato chiaramente alternativo alla sinistra, mentre il gruppo di Paolo Battistuzzi lavorò al progetto di Alleanza Democratica, stabilmente collocato nel centro-sinistra.

Il simbolo della Federazione dei Liberali

Il giorno dopo lo scioglimento, alcuni esponenti dell'ex PLI scelsero di dare vita a un coordinamento dei liberali ormai sparsi in diversi movimenti nella prospettiva di riunificare in futuro le diverse esperienze dei liberali: Raffaello Morelli fondò la Federazione dei Liberali. In occasione delle elezioni politiche del 1994 la Federazione dei Liberali non si presentò, limitandosi semplicemente alla stesura di un documento di indirizzo politico-programmatico in cui si invitavano ad aderire gli esponenti candidati nei vari schieramenti. La nuova formazione ereditò il seggio del PLI nell'Internazionale Liberale e la stessa sede di via Frattina a Roma, rivendicando in tal modo la continuità del disciolto partito.

Nel 1995 l'Unione Liberaldemocratica confluì in essa e l'anno dopo contribuì alla fondazione dell'Ulivo.

Sostanzialmente i liberali si dispersero in sette direzioni:

Alle elezioni europee del 1994, l'Unione di Centro e il CCD di Pier Ferdinando Casini raggiunsero un accordo elettorale con Forza Italia, presentandosi sotto quest'ultimo simbolo. Furono eletti Stefano de Luca e Luigi Flavio.

I liberali oggi

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Attualmente uomini politici liberali si possono trovare in vari partiti italiani:

Partito Liberale Italiano (dal 1997)

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Nel 1997 fu fondato il Partito Liberale[22] dopo che l'anno precedente i partecipanti ad un convegno a Chianciano Terme avevano manifestato la necessità di ricostituirsi in soggetto strutturato[23] per rilanciare la tradizione liberale italiana, imperniata tanto sul liberalismo riformatore di Benedetto Croce[24][25][26] e Piero Gobetti[27], quanto sulle tesi conservatrici e liberiste di Giovanni Malagodi e Luigi Einaudi.[28][29][30] Il nuovo soggetto politico si proponeva così di sostenere politiche di privatizzazione e liberalizzazione dei settori non strategici[31] a favore della libera concorrenza, e promuovere la riduzione del debito pubblico attraverso il taglio della spesa corrente in un quadro di sostanziale apertura in materia di diritti civili.[32]

Dopo un'iniziale intesa con l'Unione Democratica per la Repubblica e il Patto Segni[33] il Partito Liberale stipulò un accordo con Forza Italia alla vigilia delle elezioni europee del 1999.[34][35]

Alle politiche del 2006 il Partito Liberale (che dal 2004 aveva mutato nome in Partito Liberale Italiano) aderì alla Casa delle Libertà. Due anni dopo, tuttavia, concorse alle elezioni politiche con liste autonome, in cui confluirono altri soggetti minori (Polo Civico di Centro, Unione Cattolica Italiana), e raccolse lo 0,3% dei voti.[36][37]

A gennaio 2011 il PLI aderì al Nuovo Polo per l'Italia insieme ad altre formazioni centriste[38][39] e nel novembre successivo, con le dimissioni del governo Berlusconi IV, diede pieno sostegno all'ipotesi di un governo tecnico guidato da Mario Monti. La partecipazione alle successive elezioni politiche del 2013 avvenne con liste autonome, presenti in alcune circoscrizioni, che raccolsero meno dello 0,1% dei voti.

Nel febbraio 2014 diversi esponenti ed ex esponenti del PLI costituirono "I Liberali"[40][41]. Alle europee del 2014 il PLI prese parte alla lista elettorale di area liberaldemocratica Scelta Europea,[42] che ottenne lo 0,7% dei voti.

Per le elezioni politiche del 2018, il PLI aderì alla coalizione di centro-destra[43] e grazie all'accordo con la Lega elesse due suoi iscritti (Giuseppe Basini alla Camera e Cinzia Bonfrisco al Senato), che scelsero tuttavia di iscriversi ai gruppi parlamentari della Lega. Nel corso del 2019 la presa di distanza dalle posizioni della Lega[44] si tradusse nella necessità di "un'ampia coalizione liberale contro i sovranismi"[45], in opposizione alla quale i parlamentari Basini e Bonfrisco fondarono la "Destra Liberale Italiana" alleata della Lega[46][47]. A marzo 2020 I Liberali rientrarono nel PLI e Carlo Scognamiglio fu nominato presidente d'onore. Nei mesi successivi fu avviato, ma non venne perfezionato, l'avvicinamento del PLI alle forze di area liberaldemocratica, promosso a partire dalla costituzione del gruppo parlamentare di Azione e +Europa.[48][49]

Il 30 luglio 2022, in vista delle elezioni politiche anticipate, il Consiglio Nazionale sfiducia il presidente Stefano De Luca e il co-segretario Nicola Fortuna, mentre il nuovo presidente facente funzioni diventa Francesco Pasquali e il segretario Roberto Sorcinelli si professa favorevole ad un'alleanza con il centro-destra.[50][51] Alle elezioni politiche sostiene la lista di Forza Italia[52] mentre alle europee del 2024 sigla un accordo con la Lega.[53]

Ideologia e correnti

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I valori e gli obiettivi programmatici erano basati sul principio liberale "La tua libertà finisce dove inizia la mia", visto come il principale obiettivo da perseguire.

Sul piano economico fu liberista, fautore del libero mercato e dell'economia di mercato. Sul piano etico fu generalmente su posizioni moderatamente conservatrici, lasciando spazio talvolta alle posizioni progressiste del liberalismo sociale.

All'interno vi erano varie correnti: una maggioranza corposa, "di destra", si ispirava chiaramente ai concetti del liberalismo conservatore; una di centro si basava oltre che sul liberalismo classico naturalmente al pensiero crociano e giolittiano e infine una di sinistra.

Fino al 1946 il partito ostentò un atteggiamento monarchico, che si trasformò in una posizione di totale accettazione della Repubblica dopo l'esito del referendum, nonché decisamente laico, secondo il celebre detto di Cavour "Libera Chiesa in libero Stato".

Segretario generale

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Presidenti dei gruppi parlamentari

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Camera dei deputati

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Senato della Repubblica

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Nelle istituzioni

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Presidenti della Repubblica Italiana

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Presidente del Senato della Repubblica

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Vicepresidenti del Consiglio dei Ministri

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Regno d'Italia

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Repubblica Italiana

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Governi, Ministri e Sottosegretario di Stato

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Regno d'Italia

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Repubblica Italiana

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  • Patto costituente - 1912
  • I Congresso - Bologna, 8-10 ottobre 1922
  • II Congresso - Livorno, 4-7 ottobre 1924
  • Congresso per le terre liberate - Napoli, 2-4 giugno 1944
  • III[56] Congresso - Roma, 29 aprile - 3 maggio 1946
  • IV Congresso - Roma, 30 novembre - 3 dicembre 1947
  • V Congresso - Roma, 9-11 luglio 1949
  • VI Congresso - Firenze, 23-26 gennaio 1953
  • VII Congresso - Roma, 13 dicembre 1955
  • VIII Congresso - Roma, 29 novembre - 1º dicembre 1958
  • IX Congresso - Roma, 5-8 aprile 1962
  • X Congresso - Roma, 4-8 febbraio 1966
  • XI Congresso - Roma, 7-12 gennaio 1969
  • XII Congresso - Firenze, 9-15 gennaio 1971
  • XIII Congresso - Roma, 7-11 febbraio 1973
  • XIV Congresso - Roma, 18-23 aprile 1974
  • XV Congresso - Napoli, 7-11 aprile 1976
  • XVI Congresso - Roma, 24-28 gennaio 1979
  • XVII Congresso - Firenze, 18-22 novembre 1981
  • XVIII Congresso - Torino, 29 marzo - 1º aprile 1984
  • XIX Congresso - Genova, 22-25 maggio 1986
  • XX Congresso - Roma, dicembre 1988
  • XXI Congresso - Roma, 9-12 maggio 1991
  • XXII Congresso - Roma, 5-6 febbraio 1994
  • XXIII Congresso - Roma, 2-3-4 luglio 1997: Ricostituzione del Partito Liberale Italiano

Risultati elettorali

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Elezione Voti % Seggi
Politiche 1924 z Camera 108.035 1,51
7 / 535
Politiche 1946 a Costituente 1.560.638 6,78
31 / 556
Politiche 1948 b Camera 1.003.727 3,82
14 / 574
Senato 1.222.419 5,40
7 / 237
Politiche 1953 Camera 815.929 3,01
13 / 590
Senato 695.816 2,86
3 / 237
Politiche 1958 Camera 1.047.081 3,54
17 / 596
Senato 1.012.610 3,87
4 / 315
Politiche 1963 Camera 2.144.270 6,97
39 / 630
Senato 2.043.323 7,44
18 / 315
Politiche 1968 Camera 1.850.650 5,82
31 / 630
Senato 1.943.795 6,79
16 / 315
Politiche 1972 Camera 1.300.439 3,89
20 / 630
Senato 1.319.175 4,38
8 / 315
Politiche 1976 Camera 480.122 1,31
5 / 630
Senato 438.265 1,39
2 / 315
Politiche 1979 Camera 712.646 1,94
9 / 630
Senato 691.718 2,21
2 / 315
Europee 1979 1.271.159 3,63
3 / 81
Politiche 1983 Camera 1.066.980 2,89
16 / 630
Senato 834.771 2,69
6 / 315
Europee 1984 c 2.140.501 6,09
3 / 81
Politiche 1987 Camera 809.946 2,10
11 / 630
Senato 700.330 2,16
3 / 315
Europee 1989 d 1.532.388 4,40
0 / 81
Politiche 1992 Camera 1.121.264 2,86
17 / 630
Senato 939.159 2,82
4 / 315
z Risultato delle due liste che utilizzarono il simbolo del partito. Molti liberali furono però eletti con la Lista Nazionale
a Tra i 41 seggi dell'Unione Democratica Nazionale
b Tra i 19 e i 7 seggi del Blocco Nazionale, più due candidati indipendenti
c Con PRI (totale seggi: 5, di cui 3 PLI)
d Con PRI e Federalisti (seggi PLI: nessuno)

Simboli storici

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  • Orsina Giovanni (a cura di): Il Partito liberale nell'Italia repubblicana. Guida alle fonti archivistiche per la storia del PLI. Atti dei congressi e consigli nazionali, statuti del PLI, 1922-1992. Presentazione di Valerio Zanone. Soveria Mannelli, Rubbettino 2004.
  • Patuelli Antonio: I liberali da Cavour a Malagodi. Postfazione di Salvatore Valitutti. Roma, ELiDiR 1992.
  • Scarpa Riccardo: L'inverno liberale: storia del p.l.i. Roma, Sallustiana 1997.
  • Zanichelli Domenico: Il partito liberale storico in Italia. Bologna, Forni 1973.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Partito alla Presidenza della Repubblica Italiana Successore
fu il primo 1946 - 1955 Democrazia Cristiana

Predecessore Partito alla Presidenza del Senato della Repubblica Italiana Successore
Partito Socialista Democratico Italiano 1951 - 1952 Indipendente I
Democrazia Cristiana 1987 - 1987 Partito Repubblicano Italiano II