Attentato al valico di Erez

Attentato al valico di Erez
attentato
Tipoattacco suicida
Data14 gennaio 2004
LuogoValico di Erez, Distretto Meridionale, Israele
StatoIsraele (bandiera) Israele
Coordinate31°33′29.52″N 34°32′41.42″E
ResponsabiliHamas e le Brigate dei Martiri di al-Aqsa rivendicarono la responsabilità per l'attacco
Conseguenze
Morti3 soldati, un civile e un'attentatrice suicida
Feriti10

L'attentato al valico di Erez fu un attentato suicida palestinese avvenuto il 14 gennaio 2004 al terminal pedonale/merci del valico di Erez situato sulla barriera tra Israele e la Striscia di Gaza. Nell'attentato rimasero uccisi quattro israeliani e 10 persone furono ferite, di cui quattro palestinesi.[1]

Hamas e le Brigate dei Martiri di al-Aqsa rivendicarono la responsabilità congiunta dell'attentato.[2]

Il 14 gennaio 2004, intorno alle 9:30 locali, una donna kamikaze palestinese si avvicinò al terminal pedonale/merci del valico di Erez (il principale punto di attraversamento tra Israele e la Striscia di Gaza dove le forze di sicurezza israeliane tendono a eseguire controlli di sicurezza di routine per i lavoratori palestinesi prima di farli entrare in Israele).[3]

L'attentatrice suicida finse di zoppicare e disse alle guardie di sicurezza sul posto che aveva una placca di metallo nella gamba che molto probabilmente avrebbe fatto scattare l'allarme. Di conseguenza, una soldatessa fu mandata a controllarla. Mentre l'attentatrice suicida stava aspettando l'arrivo della soldatessa, riuscì a infiltrarsi in una sala di ispezione e a far esplodere l'ordigno nascosto sul suo corpo.[1]

Nell'attentato furono uccisi 3 soldati e un impiegato civile del valico di Erez.[4] 10 persone, di cui quattro palestinesi, rimasero ferite nell'attentato.[1]

Hamas e le Brigate dei Martiri di al-Aqsa rivendicarono congiuntamente la responsabilità dell'attacco. Il portavoce di Hamas dichiarò che l'attentatrice suicida era una 22enne palestinese, madre di due figli, di nome Reem al-Reyashi, originaria di Gaza.

Inoltre, dopo l'attentato fu pubblicato un video dell'attentatrice suicida, girato prima dell'attacco, in cui al-Reyashi indossava tute da combattimento e impugnava un fucile automatico con una granata a razzo in primo piano. Nel video al-Riyashi disse che dall'età di 13 anni aveva sognato di trasformare "il suo corpo in schegge mortali contro i sionisti".[9]

Disse anche: "Ho sempre voluto essere la prima donna[10] a compiere un'operazione di martirio, dove parti del mio corpo possono volare dappertutto... Dio mi ha dato due figli. Li amo [con] un tipo di amore che solo Dio lo sa, ma il mio amore per incontrare Dio è ancora più forte».[9]

Il fondatore di Hamas Ahmed Yassin dichiarò in un'intervista a Reuters che "Il fatto che una donna abbia preso parte per la prima volta a un'operazione di Hamas segna un'evoluzione significativa".[11]

  1. ^ a b c CNN.com - Female suicide bomber kills at least 4 Israelis - Jan. 14, 2004, su cnn.com. URL consultato l'8 giugno 2021.
  2. ^ (EN) Martyr mother orphans toddlers, su The Sydney Morning Herald, 15 gennaio 2004. URL consultato l'8 giugno 2021.
  3. ^ Erez Crossing, su pmo.gov.il.
  4. ^ (EN) Gaza attack kills four Israelis, 14 gennaio 2004. URL consultato l'8 giugno 2021.
  5. ^ mfa.gov.il, http://www.mfa.gov.il/MFA/Terrorism-+Obstacle+to+Peace/Memorial/2004/St-Sgt%20Zur%20Or. URL consultato l'8 giugno 2021.
  6. ^ mfa.gov.il, http://www.mfa.gov.il/MFA/Terrorism-+Obstacle+to+Peace/Memorial/2004/Cpl%20Andrei%20Kegeles. URL consultato l'8 giugno 2021.
  7. ^ mfa.gov.il, http://www.mfa.gov.il/MFA/Terrorism-+Obstacle+to+Peace/Memorial/2004/Gal%20Shapira. URL consultato l'8 giugno 2021.
  8. ^ mfa.gov.il, http://www.mfa.gov.il/MFA/Terrorism-+Obstacle+to+Peace/Memorial/2004/Border%20Policeman%20St-Sgt%20Vladimir%20Trostinsky. URL consultato l'8 giugno 2021.
  9. ^ a b (EN) The Times & The Sunday Times, su thetimes.co.uk. URL consultato l'8 giugno 2021.
  10. ^ In realtà già erano avvenuti attentati suicidi palestinesi con attentatrici donne.
  11. ^ (EN) Hamas leader:Jihad is an imperative for women too, su Haaretz.com. URL consultato l'8 giugno 2021.

Voci correlate

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